Il Pil italiano fa un tuffo in picchiata verso il basso del 12,8%. Ad annunciarlo è l’Istat che prende in analisi il secondo trimestre del 2020, da aprile a giugno, quando la pandemia ha bloccato il paese. Secondo l’Istituto di statistica, il calo del Pil nel secondo trimestre dell’anno (da aprile a giugno) è stato pari al 12,8% rispetto al trimestre precedente e al 17,7% rispetto all’anno precedente. La stima preliminare, che che era stata diffusa il 31 luglio scorso, evidenziava invece una contrazione del 12,4% su base congiunturale e del 17,3% su base tendenziale. Il peggioramento nei dati definitivi risulta quindi dello 0,4% sia su base tendenziale sia su base congiunturale. Si tratta di numeri mai visti prima del 1995.

Sono questi i risultati del lockdown che ha bloccato l’Italia nei mesi scorsi ma la situazione potrebbe migliorare. Si attende infatti un rimbalzo con il riavvio dell’attività economica da maggio in avanti. La crisi ha coltpito tutta Europa: l’Italia con il suo – 12,8% è andato peggio della Germania (– 9,7%), ma meglio della Francia (– 13.8%), della Spagna (-18,5%) e del Regno Unito (– 20,4%).

“La stima completa dei conti economici trimestrali – scrive l’Istat – conferma la portata eccezionale della diminuzione del Pil nel secondo trimestre per gli effetti economici dell’emergenza sanitaria e delle misure di contenimento adottate, con flessioni del 12,8% in termini congiunturali e del 17,7% in termini tendenziali, mai registrate dal 1995″. L’ultimo aggiornamento statistico conferma inoltre la lunga striscia di ‘mancata crescita’ per la nostra economia. L’ultimo segno più – un anemico +0,1% – risale infatti al secondo trimestre del 2019, ed è stato seguito da una crescita congiunturale zero nel trimestre successivo, e quindi da una serie di andamenti negativi, con -0,2% nell’ultimo trimestre del 2019, e quindi -5,5% nei primi tre mesi del 2020 e poi dal -12,8% comunicato oggi.

Secondo l’Istat “a trascinare la caduta del Pil è stata soprattutto la domanda interna, con un apporto particolarmente negativo dei consumi privati e contributi negativi rilevanti di investimenti e variazione delle scorte”. Anche la domanda estera “ha fornito un apporto negativo”, per la riduzione delle esportazioni più decisa di quella delle importazioni. La contrazione dell’attività economica da una parte, ma i provvedimenti a difesa dei posti di lavoro dall’altra, hanno portato l’Istat a misurare la riduzione dell’input di lavoro intesa come ore lavorate, “mentre le posizioni lavorative hanno subito un calo meno marcato”.

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