L’ultima edizione di Più libri più liberi avrebbe dovuto celebrare la piccola editoria e la pluralità culturale. Invece, la fiera alla Nuvola dell’Eur si è trasformata in poche ore in un ring ideologico: non più scaffali e panel, ma corridoi carichi di tensione (e nonsense). Passaggio al Bosco, accusata da oltre 80 intellettualoidi di apologia al fascismo, è stata la casa editrice al centro delle polemiche. La scintilla scocca con una lettera pubblica che ne chiede l’esclusione, i cui autori – tra strepiti e piagnistei – muovono l’accusa di normalizzare un’ideologia “incompatibile con lo spirito democratico”. Scatta così la protesta teatrale: Zerocalcare si ritira, trasformando un gesto personale in manifesto politico e amplificando il clamore mediatico.

All’apertura dei cancelli, la tensione diventa surreale: stand oscurati, cori antifascisti a tutto volume, slogan urlati come se non fosse una fiera ma una piazza occupata. Bella Ciao, ormai tormentone abusato dalla sinistra, affianca la liturgia della collera. Davanti allo stand, autoproclamati paladini dell’antifascismo creano scenari da teatro dell’assurdo: gruppi in cerchio, battibecchi, confronti accesi, fino a trasformare lo spazio culturale in un set da reality show politico.

E qui arriva il colpo di scena: tutta l’indignazione produce l’effetto opposto. Lo stand esplode di curiosità, file di visitatori, vendite record, attenzione mediatica che nessuna campagna pubblicitaria avrebbe garantito. L’editore contestato diventa protagonista assoluto. Gli eroi dell’indignazione, con il loro zelo morale, hanno fatto esattamente quello che nessuna strategia commerciale avrebbe potuto ottenere: moltiplicare la visibilità, regalare all’editore la pubblicità più efficace di sempre – tutto gratuito – e causare un’ondata di solidarietà a cui il mondo della destra non è abituato.

Il risultato? Più libri più liberi 2025 non sarà ricordata per i titoli, ma per un assurdo teatrino orchestrato che – anche questa volta – non ha trovato terreno fertile. L’indignazione pubblica si rivela più potente del marketing, la cultura diventa campo di battaglia e ogni gesto simbolico si trasforma in inno alla visibilità dell’avversario. La morale è chiara: nel mondo culturale italiano, l’incapacità di comprendere dinamiche di curiosità, polarizzazione e visibilità può far crollare qualsiasi strategia. In un Paese dove ogni protesta diventa bandiera, persino una fiera di libri può trasformarsi in un’arena, confermando che la cultura oggi è più potente – e più pericolosa – di quanto gli indignati sembrano credere.

Carola Causarano

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