Porta a Porta come Istituto Luce, Foa se ne deve andare

Il caso Vespa rappresenta il picco negativo di quella che appare come la peggiore Rai di sempre: Matteo Salvini viene smaccatamente favorito da quasi tutte le tv, ma i maggiori favoritismi arrivano proprio dal servizio pubblico, pagato dai soldi di tutti gli italiani. Oramai il latte è versato, non esiste riequilibrio possibile. Lo spot andato in onda durante l’intervallo di Juve-Roma, di fronte ad una platea televisiva di oltre 5 milioni di telespettatori, rappresenta un danno irreparabile, a tre giorni dal voto in Emilia Romagna e Calabria. Di fronte ad una violazione così conclamata, che aspetta l’Agcom a intervenire e sanzionare? Tra 24 ore scatta il silenzio elettorale.

Se c’è stata violazione della Par Condicio, è giusto che gli elettori lo sappiano subito e non a urne chiuse. Anche perché dopo un abuso del genere, parlare di riequilibrio diventa impossibile. Non si può, chiaramente, ripetere una partita di Coppa Italia, non ci sarà un altro intervallo. Mandare un leader politico ad interrompere una fiction per parlare di elezioni significa, probabilmente, danneggiarlo doppiamente.  Sentire parlare di “svista”, in prima serata della prima rete Rai, a tre giorni dalle elezioni, significa davvero voler giocare con la pazienza infinita degli italiani. A guardia di quella fascia oraria, la più redditizia e seguita dell’intera programmazione Rai, ci sono una pletora sterminata di direttori, vice direttori, capi struttura, vice capi struttura, responsabili di palinsesto. Davvero la colpa è di una “svista della redazione” di Porta a porta? E allora tutti questi dirigenti, pagati profumatamente, che ci stanno a fare?

Per l’intera campagna elettorale di queste regionali, come anche delle precedenti in Umbria, abbiamo assistito ad una serie infinita di episodi di violazione della Par Condicio. Il Tg2 ha seguito passo passo, con tanto di inviata al seguito e toni agiografici da Cinegiornale Luce, tutti i comizi elettorali di Matteo Salvini in Emilia e in parte anche in Calabria, neanche fosse lui il candidato a presidente della Regione. Una copertura non soltanto pienamente funzionale al disegno del leader della Lega di nazionalizzare una competizione regionale, ma totalmente sbilanciata in favore della coalizione di centrodestra, perché nessuno spazio analogo è stato concesso a Bonaccini e alla sua campagna. Chi risarcirà i cittadini da un danno del genere? Come è possibile che su questo l’amministratore delegato Salini non soltanto non abbia detto una parola, ma non abbia neanche preso alcun provvedimento?

Rappresentare sensibilità diverse nel servizio pubblico non significa trasformare i telegiornali in organi di vera e propria propaganda. L’Agcom ha rivolto al servizio pubblico svariate raccomandazioni, ha anche aperto un’istruttoria con una potenziale sanzione da 72 milioni di euro, ma non è cambiato nulla. Sembra che in Rai nessuno prenda sul serio l’Authority e le sue delibere. Forse perché, in caso di sanzioni, paga Pantalone?  Presenterò nei prossimi giorni in commissione di Vigilanza una proposta di Risoluzione affinché, in caso di sanzioni Agcom per mancato rispetto del pluralismo, a pagare siano direttamente i responsabili, i singoli direttori di rete o di testata, i conduttori delle trasmissioni, e non la Rai. Altrimenti non si capisce quale sia l’effetto deterrente, visto che a pagare oggi è l’azienda, quindi i cittadini. Il consigliere Rai eletto dai dipendenti Laganà è d’accordo su questa linea, come ha scritto su twitter. Allora la Rai lo valuti fin da subito. Chi sbaglia paga.


Ai colleghi del Pd che in queste ore hanno protestato sui social per gli abusi del pluralismo in Rai chiedo: se davvero vogliamo dare una soluzione al caso Rai, perché non partiamo dal vulnus principale, quello da cui discendono tutti gli squilibri? Perché a presiedere il Cda Rai c’è ancora Foa, imposto da Salvini con un colpo di mano, in violazione dei regolamenti parlamentari e della legge sul presidente di garanzia?  Riportare la Rai sul terreno della correttezza significa, innanzitutto, revocare Foa dal Cda. O davvero vogliamo attendere che anche su questo, come ormai troppo spesso su tanti altri settori, a risolvere la situazione arrivi la magistratura? Ci deve pensare la Procura di Roma?

Se il Pd sulla Rai vuole fare sul serio, chieda a Gualtieri di revocare Foa, oppure chieda ai presidenti delle Camere e della Vigilanza Fico, Casellati e Barachini, di dare l’accesso agli atti sulla votazione di Foa in Vigilanza. Altrimenti sono solo tattiche per spartire questo e quel direttore o vicedirettore.  La situazione è talmente precipitata e deteriorata dal punto di vista del pluralismo, della qualità, degli ascolti, che si dovrebbe valutare il ritorno alle immissioni di grandi giornalisti dall’esterno, come accadeva in passato.

Occorerebbe, inoltre, valutare una modifica alla legge Madia che consenta ai pensionati di assumere incarichi nel servizio pubblico, eliminando il tetto di un anno. In questo modo si potrebbero avere come dirigenti anche grandi giornalisti, oggi giovani pensionati, con un vantaggio sia economico sia professionale, perché chi ha già fatto carriera non subirebbe le pressioni e le lusinghe dei partiti.