Non è facile prevedere quale sarà la prossima mossa di Vladimir Putin. Troppe esitazioni hanno segnato il quindicennio di rapporti tra l’Occidente e il revanscismo russo. La Cecenia, la Georgia, la Transnistria, la Crimea e altri teatri sono scivolati nell’indifferenza, tra silenzi e complicità. Solo la resistenza eroica dell’Ucraina ha interrotto la spirale di concessioni, smentendo l’invincibilità dell’apparato militare russo e costringendo Mosca a misurarsi con i propri limiti.

L’Europa resta prigioniera

Kyiv, sostenuta dagli alleati pur tra mille contraddizioni, ha dimostrato che la Russia resta, come nei secoli, una potenza rapace che fonda il proprio equilibrio interno sull’espansione esterna. Ma la guerra ha svelato un’altra verità: la forza di Mosca era ampiamente sopravvalutata, e le sue alleanze globali, per quanto reali, non bastano a coprirne le fragilità strutturali. Il realismo impone un cambio di passo. Non basta denunciare Putin: occorre attrezzarsi per contenerlo. La Russia, indebolita ma non isolata, può contare su sostegni che aspirano a un riequilibrio mondiale. L’Europa, al contrario, resta prigioniera della propria impotenza: gigante economico incapace di dotarsi di strumenti di sicurezza credibili e di procedure politiche che garantiscano decisioni rapide.

I compiti dell’Europa

Gli Stati Uniti osservano con crescente insofferenza. Appesantiti da crisi interne e nuove sfide globali, oscillano tra impegno e ripiegamento nel loro emisfero, secondo la vecchia dottrina Monroe. Donald Trump l’ha rilanciata con toni caricaturali, evocando Panama, il Canada, persino la Groenlandia: tutto coerente con la subcultura del “Manifest Destiny” che anima il movimento Maga. Nella sua visione, l’Europa non è un alleato, ma un concorrente debole, inutile a sostenerne le ambizioni. In questo quadro, un accordo con Putin non è da escludere, se le condizioni di sicurezza lo renderanno praticabile. Ma il vero banco di prova per gli europei non è il compromesso contingente: è la capacità di fare della crisi un’occasione di maturazione politica. L’Unione deve dotarsi di una Difesa comune, superare il ricatto dell’unanimità, neutralizzare i veti dei satelliti di Mosca infiltrati nelle istituzioni comunitarie.

Il tempo delle esitazioni

Un’intesa con un invasore resta indigesta, ma il fallimento del disegno di annessione dell’Ucraina ha già mutilato la leggenda dell’invincibilità russa. Il punto, oggi, è prepararsi a un argine europeo. Finora la Russia è esistita grazie alla debolezza dell’Europa; un’Europa finalmente sovrana, che abbandoni piccoli nazionalismi ridicoli e dannosi, non solo arginerebbe l’istinto predatorio russo, ma darebbe agli Stati Uniti un motivo per credere che i valori dell’Occidente – ordine, benessere, libertà – possano ancora orientare il futuro. L’Europa non può più vivere di retorica. Deve diventare soggetto politico e strategico, dare prospettiva ai propri popoli e farsi interlocutore credibile per tutte le nazioni che aspirano a libertà e pacifica convivenza. Il tempo delle esitazioni è scaduto: o potenza o irrilevanza.

Raffaele Bonanni

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