Le divisioni interne
Vertice Nato, Paesi europei divisi sulle spese militari. Se la polemica diventa una questione di politica interna

Si può dire che è vecchia, da riformare, divisa al suo interno e priva di una vision strategica. Per lo meno economica. Ma c’è un fatto da sottolineare: alla Nato non c’è alternativa. Le minacce che pesano sull’Occidente impongono una riflessione su come Usa e Ue devono trovare un nuovo punto di incontro. Partendo dai valori condivisi, con l’ottica di una nuova alleanza – che si chiami ancora Nato importa poco – saldata sui pilastri del libero scambio e della sicurezza comune. Con tanto di sviluppo dell’Industria della Difesa.
Le parole di Rutte
Questa è la chiave di lettura con cui vanno interpretate le parole del Segretario generale Nato, Rutte, e della Presidente della Commissione Ue von der Leyen, pronunciate – lunedì il primo, ieri la seconda – in attesa che i 32 capi di Stato e di governo, più il presidente ucraino Zelensky, arrivassero a L’Aja per il vertice annuale dell’Alleanza atlantica.Tuttavia, mentre Rutte si era speso a spronare la filiera produttiva affinché sia più ricettiva dell’urgenza di sicurezza che si sta vivendo, von der Leyen ha preferito puntare sulle minacce che impongono e che richiedono un cambio di mentalità. «L’era del comfort è finita», dice la leader europea. «La Russia sarà in grado di metterci alla prova entro cinque anni, nel 2030. L’Europa deve dotarsi di una deterrenza credibile».
L’apertura del vertice
Russia nemico numero uno. Così si apre il vertice olandese. Altro che «mostri inventati per giustificare gli aumenti di spesa», come ha commentato proprio il portavoce del Cremlino, Peskov. Quello di Mosca è un pericolo di cui dovrebbe rendersi conto anche Washington.
Può essere una minaccia diretta, come con Kyiv. Una guerra ibrida, o cyber. Oppure andare a costituire un’alleanza antagonista. Per esempio con l’Iran, con cui spesso ci si dimentica che la Nato condivide i confini. L’ha detto bene Zelensky: «Noi non stiamo affrontando solo la Russia, ma un network di attori statali e non statali, che include Mosca, la Corea del Nord, le imprese cinesi». Tuttavia, se è chiaro chi sia il nemico più complesso e come contrastarlo. Il primo finanziatore dell’Alleanza resta scettico. È convinto che possiamo cavarcela da soli e resta concentrato su tutt’altre questioni, Maga e Cina soprattutto. E poi c’è il Medio Oriente, i cui conflitti, a suo giudizio, potrebbero risolversi a colpi di messaggi sui social e raid chirurgici. Ma la realtà gli sta remando contro.
Le divisioni interne
A indebolire l’entusiasmo di Rutte e von der Leyen ci sono poi le divisioni interne tra i membri europei. Il mantra dell’aumento delle spese al 5% del Pil è tornato oggetto di aperta polemica. Alle opposizioni note dell’Ungheria e della Slovacchia, si è aggiunta quella recente della Spagna. Le prime due sembrano essere state metabolizzate. Al punto che le loro posizioni, ribadite dal presidente slovacco, Peter Pellegrini, in partenza per il vertice, non hanno suscitato alcuna reazione. Diverso è il caso di Madrid. Domenica scorsa, il premier Sanchez aveva parlato di un raggiunto accordo con Rutte sul mancato impegno di raggiungere il 5% del Pil. La Nato ha però smentito, ribadendo che la Spagna è tenuta a rispettare gli obiettivi e a raggiungere una spesa del 3,5% come gli altri Paesi.
La polemica ora è diventata di politica interna. Con i popolari che soffiano sul fuoco. Tuttavia, il caso rischia di diventare un precedente. Tale per cui altri membri potrebbero dichiarare il proprio “non ci sto”, di fronte a una linea generale che, stando a Les Echos, ha più il sapore di una cessione agli ordini di Washington, invece che una condivisione di strategia e intenti. “Trump – scriveva ieri il quotidiano francese – dichiarerà che ha fatto piegare gli europei affinché spendano di più”. La tesi è stata smentita dal Cancelliere tedesco Merz. «Stiamo aumentando le spese militari perché la Russia ci sta minacciando». Con i suoi investimenti monstre, la Germania è il partner Nato più adeguato a confutare i commenti maliziosi dei giornali francesi, che comunque hanno da gestire un Macron altrettanto sul piede di guerra. Crisi in corso alla mano, le intenzioni sono valide. Tuttavia, per dirla con le parole di von der Leyen, «dobbiamo fare i compiti».
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