Il compleanno del direttore d'orchestra
Riccardo Muti compie 80 anni, regaliamogli un Lincon Center
Paginate sui giornali, trasmissioni televisive, celebrazioni una dopo l’altra: oggi al Quirinale, per il concerto di apertura del G20 della cultura, domani al conservatorio San Pietro a Majella, per la consegna del premio Dorso, sabato a Scampia, per dirigere l’orchestra giovanile del quartiere. E poi le parole al miele dei politici, a cominciare dal sindaco Luigi de Magistris che gli ha espresso «sentimenti di immensa stima e profondo affetto» a nome di Napoli e del Teatro San Carlo. Riccardo Muti ha compiuto ieri 80 anni tra le grida di giubilo dei tanti che, a buon diritto, lo considerano incarnazione del genio artistico napoletano. Il Maestro avrà certamente apprezzato tanto affetto. Eppure il regalo da lui probabilmente più atteso non è arrivato. Sono anni, infatti, che Muti si batte per la creazione di un hub della cultura a Napoli, sul modello del Lincoln Center for the performing art di New York. Si tratta di un organo che coordina 13 strutture dislocate in 30 diversi edifici, offre corsi di studio e di specializzazione in tutti i settori delle arti, gestisce un cartellone da 5mila eventi l’anno e finanzia iniziative culturali nei quartieri periferici. Il tutto sfruttando capitali privati, visto che gli Stati Uniti sono diversi dalla Campania, dove la politica finanzia e decide persino il management di qualsiasi iniziativa culturale.
Muti ha lanciato la proposta più di un anno e mezzo fa. Ne è nato un dibattito che ha coinvolto artisti, manager e architetti. Qualcuno ha persino ipotizzato di insediare il Lincoln Center in una cupola trasparente da costruire sulla copertura incompiuta del Teatro San Carlo, così da rendere la nuova struttura un luogo iconico. Le proposte, però, si sono scontrate con la mancanza di fondi e l’indifferenza della politica. Nessun rappresentante delle istituzioni ha dato seguito alla proposta di Muti. Non l’ha fatto de Magistris né il presidente campano Vincenzo De Luca. Stesso discorso per Dario Franceschini, ministro della Cultura. Mara Carfagna, titolare del dicastero per il Sud, ha accolto con interesse l’idea di un Lincoln Center da collocare in quell’Albergo dei poveri per il rilancio del quale il governo Draghi ha stanziato cento milioni. Da quel momento, però, non si è saputo più nulla. Né i candidati sindaci di Napoli – troppo impegnati ad alimentare la retorica delle liste pulite, nel caso di Catello Maresca e Gaetano Manfredi – hanno rispolverato la proposta di Muti.
Eppure adesso ci sono le risorse e una possibile sede. Il nuovo hub della cultura potrebbe mettere in rete le principali istituzioni culturali partenopee cominciando dal Teatro San Carlo e dal conservatorio per finire col Musero archeologico, Capodimonte e le biblioteche cittadine. E, soprattutto, potrebbe offrire un fututo ai giovani di Napoli, primi fra tutti quelli che vivono in periferia e ai quali Muti è da sempre vicino. Ecco perché il Riformista, mai disposto a cedere al nonsipuotismo che da secoli soffoca la città, rilancia la proposta del Maestro e gli augura di poter posare presto la prima pietra del Lincoln Center napoletano. Negli Stati Uniti fu il presidente Dwight Eisenhower a dare il via ai lavori nel 1959, mentre a Jacqueline Kennedy toccò inaugurare la struttura nel 1962. Conoscendo l’Italia, dubitiamo che tre anni basteranno per avviate e completare l’intervento, ma auguriamo a Muti di non dover attendere il centesimo compleanno per vedere finita un’opera fondamentale per la città.
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