Nessun passo indietro. Emmanuel Macron, che ha visto il governo della premier Elisabeth Borne salvarsi dalla mozione di censura per soli nove voti, tira dritto per la sua strada sulla contestatissima riforma delle pensioni, che vedrà l’età minima per lasciare il lavoro salire dagli attuali 62 a 64 anni, da settimane al centro di proteste e scontri nel Paese.

Intervenendo in diretta tv ai France 2 e TF1, in quello che rappresenta primo intervento diretto ai francesi dall’inizio della crisi sulla riforma, Macron rivendica il lavoro fatto e si dichiara ponto a “sopportare l’impopolarità” della riforma, anche considerando la sua impossibilità di venir rieletto per un terzo mandato all’Eliseo. “Tra i sondaggi a breve termine e l’interesse generale del Paese, scelgo l’interesse generale del Paese”, ha aggiunto il presidente francese.

Per il leader di Renaissance la riforma che alza l’età pensionabile “non fa piacere a me come non fa piacere a voi ma è necessaria” per la tenuta dei conti pubblici del Paese.

Riforma che “entrerà in vigore entro l’anno”, ha aggiunto Macron sfidando ancora una volta le piazze e i sindacati, che promettono battaglia assieme all’opposizione, dall’estrema destra all’estrema sinistra.

E a proposito delle proteste ad altissima tensione che si stanno registrando nel Paese, Macron ha sottolineato che le manifestazioni sindacali “hanno  la loro legittimità, quando organizzano cortei, che lo facciano, sono contrari a questa riforma, io li rispetto”, ma a condizione di “non accettare la violenza quando si è scontenti”.

Non è accettabile che dei gruppi utilizzino un’estrema violenza per aggredire come in questi giorni, dei sindaci, degli esponenti della Repubblica che sono per la riforma. Non è accettabile che utilizzino una violenza senza regole perché sono scontenti di qualcosa”, è stata l’accusa del presidente, che appare come una risposta alle parole che suonavano come un incitamento all’insurrezione da parte del leader della sinistra Jean-Luc Mélenchon.

Sempre sul piano politico, Macron ha poi confermato la fiducia nella premier Elisabeth Borne, che con “responsabilità” ha deciso di ricorrere all’articolo 49.3 della costituzione per far passare la contestata riforma previdenziale. Borne che si è salvata per soli nove voti dalla mozione di censura presentata dalle opposizioni, che in caso di voto favorevole avrebbe comportato la caduta dell’esecutivo e che ormai vede il tasso di fiducia dell’opinione pubblica ai minimi.

L’unica timida apertura arrivata durante l’intervista a reti unificate è arriva su un possibile adattamento della riforma ai lavori più usuranti, con specifici testi di legge, e con un prelievo simbolico sugli extraprofitti dei grandi gruppi industriali. Non abbastanza per sindacati e opposizione: il segretario generale della Cfdt, Laurent Berger, lo accusa di “disprezzo” e di aver mentito quando ha sostenuto che le confederazioni non avevano fatto “alcuna proposta di compromesso”, una “menzogna per nascondere la sua incapacità di trovare una maggioranza per votare la sua riforma ingiusta“, ha detto Berger.

Per Marine Le Pen invece il presidente sta spingendo la Francia sull’orlo di una “esplosione sociale“. “Consapevolmente, il governo sta creando tutte le condizioni per un’esplosione sociale, ed era prevedibile da mesi, come se lo stessero cercando“, è l’accusa delle leader di estrema destra.

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.