Ritratto di Ernesto Cardenal, poeta schiaffeggiato da Chiesa e dalla Rivoluzione

Ciascuno cerca Cristo dove vuole, se ci crede. Ma può essere esercizio utile per chiunque, anche non credente, chiedersi chi tra i due uomini al centro della foto che pubblichiamo in questa pagina, scattata nel marzo del 1983 in una strada di Managua, si avvicini di più al Cristo raccontato dai Vangeli.  Se il sacerdote inginocchiato sul ciglio della strada, col basco stretto tra le dita, di fronte al papa suo nemico che gli ha già intimato da Roma di abbandonare la politica e la Teologia della liberazione, al quale lui tende da terra la mano mentre la folla imbevuta di slogan grida «entre cristianismo y revolución no hay contradicción».  O se il pontefice col dito alzato e la veste svolazzante che quella mano rifiuta lasciandola sospesa in aria insieme alle parole: “Prima ti devi riconciliare con la Chiesa”. Lo stesso papa che cinque anni dopo si affaccerà dal terrazzo della Moneda di Augusto Pinochet, con il nero corteo di Stato attraverserà Santiago del Cile e pronuncerà un lungo discorso senza un solo accenno agli orrori commessi dal dittatore suo ospite.

Il sacerdote inginocchiato, poeta popolare in Centro America, autore nel 1962 di Orazione per Marilyn Monroe e altri poemi, è Ernesto Cardenal, morto domenica a 95 anni in un ospedale di Managua da dove non ha mai smesso di denunciare i crimini del regime di Daniel Ortega tornato al potere in Nicaragua nel 2007. Che di recente lo ha fatto condannare a una multa di 800 mila dollari sperando tacesse. Cardenal – militante da sempre della Teologia della liberazione messa al bando insieme alle conclusioni del Concilio vaticano da Karol Wojtyla che quella teologia e i suoi preti odiò con la pervicacia che solo un militante anticomunista cattolico polacco può avere – per 35 anni non ha potuto impartire i sacramenti. A quel monito lanciato da Giovanni Paolo II per strada nel 1983, seguì l’anno dopo la sospensione ad divinis. Mantenuta da Ratzinger. La riabilitazione è arrivata il 18 febbraio del 2019, firmata da papa Francesco, preannunciata da una visita di scuse del nunzio apostolico che gli propose di celebrare messa insieme.

Schiaffi peggiori che dalla sua chiesa, Cardenal ne ha presi solo dalla rivoluzione sandinista, di cui, subito dopo la vittoria sulla dittatura dei Somoza del 1979, fu il provvidenziale ministro della cultura che aiutava i novelli governanti, ancora fronte unito non immediatamente riconoscibile come la banda criminale che ha poi mostrato d’essere, a cementare le simpatie già fervide dei progressisti di mezzo mondo. Finché, quasi subito, Ortega s’è rivelato per quel che era. Le malefatte del sandinismo sono elencate nel libro di Cardenal La revolución perdida, del 2004. Ortega l’ha allontanato, perseguitato, bastonato come ha potuto. È stato lui a offrire in questi anni le denunce più dettagliate della repressione del dissenso, più degli altri dirigenti storici sandinisti che da Ortega hanno preso le distanze.

È stato lui a dire in Europa e in America, continuando a vivere a Managua, che il regime aveva trasformato in reato le proteste di piazza, con la pena prevista dell’arresto immediato. È stato lui a dire che il Nicaragua degli ultimi tredici è stato governato, su esempio cinese, da una mescolanza di autoritarismo in politica e liberismo spinto in economia. L’ha fatto per suo conto, lontano dalla chiesa cattolica che alla fine s’è schierata a fianco delle proteste studentesche anti regime dopo essere stata per un decennio in silenzioso temporeggiare di fronte ad Ortega, dal quale ha ottenuto un fondamentale sostegno per una legge ferocemente contraria all’aborto, la più restrittiva del continente.

L’introduzione del divieto assoluto di proteste fu inusualmente annunciato da un comunicato della polizia inviato a tutti i corrispondenti stranieri a Managua dalla moglie di Ortega, Rosa Murillo, nella sua veste di vicepresidente del Nicaragua. La “primera dama” e numero due del regime è una ex poetessa con una passione per lo spiritualismo esoterico e ha dimostrato negli anni di avere una grande e crescente influenza su Ortega che, per dirne una, convinto da lei della magica potenza del color fuxia nel contrastare i malefici, ha lasciato il rosso e nero della bandiera sandinista e avvolto di fuxia le sue campagne elettorali. E’ dell’inconfondibile stile misticheggiante di Rosa Murillo anche il comunicato che accompagna il decreto di tre giorni di lutto imposti dal governo Ortega per la morte di Cardenal definito “fratello”, “gloria” e “orgoglio”. Nello slancio celebrativo post portem gli ha anche affibbiato un premio Cervantes per la letteratura che il poeta, da vivo, non ha mai avuto.