Per la prima volta da quando sono state istituite, le primarie del Pd vedono i risultati del voto ai gazebo, aperti al contributo di tutti i cittadini, molto differenti, anzi addirittura opposti agli esiti della consultazione tenutasi precedentemente tra gli iscritti al partito. Da un verso, ciò evidenzia nuovamente le persistenti difficoltà attraversate dal Pd tra i suoi stessi elettori e simpatizzanti (ma qualcuno, come ad esempio Stefano Folli su Repubblica, arriva ad ipotizzare che per incrementare il popolo dei votanti domenica 26 ci sia stato anche lo zampino interessato del M5S).
Dall’altro suggerisce che – come molti studi condotti in precedenza avevano già notato – la base allargata del Pd e dei suoi militanti sia relativamente più “di sinistra” del “corpaccione” del partito. Insomma, si tratta di un’altra evidenza del fatto che, nel ripetuto confronto tra area moderata e area “di sinistra” del Pd, quest’ultima sia sul piano numerico nettamente maggioritaria. Ma una volta archiviata la vittoria di Schlein (più nelle grandi città e al nord che nelle aree meridionali del paese), occorre tentare di capire come potrebbero configurarsi le conseguenze – che senz’altro vi saranno – sul maggior partito di opposizione e, di conseguenza, sull’intero sistema politico italiano.
Il tutto dipende ovviamente da come si muoverà Schlein. Applicherà la linea movimentista, ambientalista e complessivamente “di sinistra” più volte ribadita nel corso della campagna elettorale? O verrà anche lei condizionata, come è capitato a diversi suoi predecessori, dall’apparato del partito? Occorre considerare che Schlein è stata sostenuta nella sua campagna anche da diversi tra i settori più tradizionali e “correntizi” del partito democratico. Tra questi ultimi si trova, ad esempio, anche Dario Franceschini, che, come si sa, è da sempre un grande tessitore degli equilibri interni. Schlein riuscirà a sganciarsi dall’influsso di quest’ultimo – e quindi dall’impostazione tradizionale e consolidata del partito – o avverrà il contrario? O si manifesterà, come è più probabile, una mediazione tra queste due tendenze? Solo i prossimi mesi potranno rispondere a questo quesito dirimente.
Sarà, naturalmente, la stessa Schlein a scegliere: e non è detto che, di fronte alla grande responsabilità che oggi si è trovata ad assumere, mantenga necessariamente inalterata la linea espressa in campagna elettorale e il piglio innovatore che la ha caratterizzata. In fondo, anche la stessa Meloni ha mutato più volte saggiamente la sua stessa linea politica da quando ha ricoperto la carica di governo. È chiaro comunque che se Schlein portasse avanti davvero e integralmente o quasi la linea politica manifestata nelle scorse settimane, muterebbe l’intero assetto politico della nostra penisola.
Da un verso, questa ipotetica svolta del Pd potrebbe costituire una sorta di “concorrenza” nei confronti dei Cinque Stelle che ne potrebbero essere financo danneggiati in termini di seguito elettorale. Dall’altro, si potrebbe forse creare uno spazio più ampio per una formazione di centro-sinistra moderato. Già subito dopo l’annuncio della vittoria di Schlein, esponenti di quest’ultimo hanno suggerito da subito la formazione di una nuova forza politica di questo genere. E già si sono viste le prime dimissioni di esponenti moderati del partito.
Occorre sottolineare però che in ogni caso lo spazio potenziale per una forza politica di centro, come è mostrano da molte esperienze passate, è relativamente limitato nel nostro paese, diversamente che in altri contesti europei. Sono relativamente in numero contenuto, infatti, gli elettori che optano per il centro: la maggioranza degli italiani preferisce infatti notoriamente concentrarsi su una delle due ali del continuum sinistra destra. Vedremo nei prossimi mesi quali saranno le scelte di Schlein e come muterà di conseguenza, l’assetto politico dell’intero paese.
