Le primarie del Pd
“Elly Schlein è la svolta per il Pd, l’hanno capito anche i big”, intervista a Chiara Braga

Parlamentare dem, Chiara Braga è responsabile nazionale delle iniziative politiche della mozione Schlein. Nell’attuale segreteria nazionale del Pd è responsabile Transizione ecologica, Sostenibilità e Infrastrutture.
Le elezioni regionali hanno segnato una sconfitta del Pd. Per risalire la china è sufficiente “cambiare dirigenti” come sostiene Elly Schlein?
La sconfitta in parte è il secondo tempo di quella delle elezioni politiche del 25 settembre. Non potevamo sperare che in tre mesi si esaurisse la carica di novità portata dal governo Meloni: il primo vero governo di destra, il primo governo guidato da una donna. Anche se sono già chiari tutti i limiti – dall’agire identitario su sicurezza e migranti, alla difesa del potere come sulla vicenda Delmastro – bisogna insistere e rafforzare l’azione di opposizione per denunciare che ha mancato il bersaglio della crisi energetica, dell’inflazione e nella prima manovra di bilancio ha già colpito i poveri bloccando il reddito di cittadinanza e le donne con l’aumento dei requisiti di opzione donna. Poi c’è il problema gravissimo dell’astensionismo. Di fatto un intero blocco sociale che ha preferito astenersi anziché votare Pd perché in questo momento il Partito Democratico non è percepito come un’alternativa forte alla destra. Per questo serve una leadership davvero nuova, che credo debba essere femminile, per cambiare a fondo con una cesura decisa verso il passato. Anche i volti che interpretano questa nuova fase non possono essere sempre gli stessi. Per questo credo nella candidatura di Elly Schlein.
Il “nuovo” Pd. Provi a sostanziare quell’aggettivo.
Parto dalle cose di cui mi sono sempre occupata. L’ambiente, la transizione ecologica. Se il Congresso che stiamo facendo vuole essere davvero il momento per sciogliere alcuni nodi dell’identità e ragione d’essere del nostro Partito, sui temi ambientali e di un nuovo modello di sviluppo è necessario arrivare finalmente a un punto di chiarezza. Un partito di sinistra o è ambientalista o non è. Perché questi temi hanno esattamente a che fare con la lotta alle disuguaglianze e la difesa dei più deboli, con un diritto a un lavoro sicuro e giustamente retribuito, con un ruolo del pubblico che sia capace di guidare l’innovazione e di governare le conseguenze di una transizione non neutra e che rischia di pesare sulle spalle dei più fragili. La stessa chiarezza che dobbiamo praticare nella lotta alle diseguaglianze: salario giusto, congedo paritario, sanità e istruzione pubblica, diritti. Ecco il nuovo Pd non potrà prescindere da dire con coraggio e coerenza cosa vuole per i giovani, le donne, i lavoratori ma anche per chi fa impresa e rischia ogni giorno per via di trasformazioni continue e radicali che investono la società.
Goffredo Bettini sostiene che senza la costruzione di un “campo largo” la sconfitta può trasformarsi in un tracollo irrimediabile. Lei come la vede, il problema è l’alleanza con Conte o con Calenda?
Se abbiamo imparato una cosa dalle due tornate elettorali è che la forza della destra sta nella sua unità ancor prima che nel programma di governo. Tuttavia noi non possiamo rispondere solo con la somma numerica di un’alleanza delle opposizioni. Servono – e ci sono – battaglie che si possono e devono fare insieme. Del resto il problema della sconfitta non riguarda solo il Pd. Salario minimo, lotta all’autonomia differenziata, salute e scuole pubbliche, immigrazione e diritti possono essere i primi terreni su cui confrontarci da subito e lavorare insieme per portare a casa risultati. Sono argomenti che da Conte a Calenda si possono trovare punti incontro.
In una intervista a questo giornale, Matteo Orfini ha rilevato che a sostegno di Elly Schlein si sono schierati Zingaretti, Franceschini, Orlando, Boccia che in questi anni hanno pesato e molto nella conduzione del Pd.
Trovo la discussione un po’ surreale e molto parziale. Faccio un esempio: Guerini guida l’unica vera corrente che è compattamente a sostegno di Bonaccini ed è stato un autorevole ministro degli ultimi governi. So solo che Elly non ha mai fatto parte del gruppo dirigente degli ultimi 10 anni e questo può aiutarla a recuperare un rapporto con coloro che si sono allontanati dal Pd proprio accusandoci di essere troppo presi dal governare invece che dai problemi reali del paese. Ciò detto guardiamo a chi è fuori e diamogli buone ragioni per tornare e chi è dentro da molto tempo aiuti il Pd a rinascere. La proposta della Schlein, insieme a nuove sensibilità, vuole rompere vecchi schemi. E alcune personalità importanti della nostra storia hanno capito quello che lei rappresenta di nuovo e lo condividono. Vogliamo sanare le ferite, cambiare tutto nel nome di una visione più chiara e di un metodo diverso.
Se il voto delle primarie del 26 febbraio ribaltasse quello degli iscritti, che scenario politico si aprirebbe?
Il voto è stata una sorpresa positiva. Il Congresso ha dimostrato che siamo una forza ancora popolare e diffusa su tutto il territorio. Schlein a dicembre è partita da outsider, si è fatta conoscere ed apprezzare mentre Bonaccini è già stato dirigente nazionale ed era candidato in pectore da tempo. Io credo che per cambiare davvero serve una svolta profonda, una novità di immagine e di genere. Far entrare aria nuova. Ciò detto, siamo una comunità democratica che ha attraversato fasi difficili ma non ha alcuna intenzione di arrendersi: domenica sera avremo una nuova segretaria o un nuovo segretario e inizieremo a scrivere un’altra storia. Nessuno caccerà nessuno e mi auguro che nessuno scelga di andar via.
Il dibattito politico, anche quello interno al Pd, sembra prescindere da una guerra, quella in Ucraina, che rischia di deflagrare in una terza guerra mondiale.
La situazione è preoccupante. Ma come Pd non ci siamo mai sottratti agli impegni per fermare l’aggressione. L’attacco di Putin all’Ucraina è un atto criminale che sta costando vite umane e sofferenza, specie fra i civili. Ci siamo mossi nell’ambito delle azioni dell’Ue e delle alleanze internazionali sia quando eravamo al governo che dall’opposizione. Ma la nostra richiesta più forte rimane fermare il conflitto per via diplomatica. L’UE e l’Italia, che ripudia la guerra, devono aumentare gli sforzi con fermezza e senza ambiguità per fermare questa follia. Nelle settimane passate il Pd si è battuto in Parlamento per insistere su un maggiore sforzo diplomatico e politico dell’Europa per creare le condizioni di un cessate il fuoco. È chiaro che nel frattempo va confermato il supporto necessario alla resistenza ucraina, come abbiamo fatto fin qui. La guerra porta distruzione nella vita delle persone ed è la morte della politica: è questo che non possiamo accettare.
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