Nel voto degli iscritti, ha scelto Gianni Cuperlo. Domenica prossima, nella “sfida dei gazebo”, sosterrà Stefano Bonaccini. E a Il Riformista spiega il perché. Parla Luigi Zanda, uno dei “saggi” del Pd, già presidente del Gruppo dem al Senato.

Gli iscritti al Partito democratico si sono pronunciati. Al ballottaggio nelle primarie di domenica prossima andranno Stefano Bonaccini (52,87%) ed Elly Schlein (34,88%). Cosa dice politicamente questo voto?
Dice con molta chiarezza che la volontà di una larga maggioranza dei 150mila iscritti che sono andati a votare, indica Stefano Bonaccini come segretario del partito. A questo punto, penso che i quattro candidati alla segreteria dovrebbero prendere atto di questo indirizzo e concordare, prima della domenica dei gazebo, una gestione unitaria del Pd. Al Partito democratico servono scelte politiche chiare e soprattutto un’unità reale che metta fine alla guerriglia interna che ha fatto allontanare non solo dal Pd ma anche dal voto tanti elettori che, stanchi delle nostre divisioni, sono andati ad ingrossare l’esercito degli astenuti.

Il clima però sembra essere ancora avvelenato, con un rimpallo continuo di accuse e frecciate tra dirigenti schierati con Bonaccini o con Schlein.
Chiunque vincerà dovrà porsi il tema di come si elegge il segretario del Partito. Non può funzionare una procedura che prevede sei mesi di dibattito e rischia di trasformare una contesa interna al Partito in una sfida tra avversari di partiti diversi.

Adesso che il voto degli iscritti si è concluso, può dirci per chi ha votato.
Ho votato Gianni Cuperlo. Lo stimo molto e lo avevo già votato quando si schierò in competizione con Matteo Renzi. Domenica prossima ai gazebo voterò Bonaccini.

Perché?
Bonaccini è affidabile, solido. Ha esperienza e ha i piedi per terra. Non promette cose che non potrà mantenere. Penso che Bonaccini possa occuparsi non solo della grande politica ma anche dell’organizzazione del Partito. Per il Pd la forma partito è diventata una priorità. Devono essere rafforzati tutti gli organismi territoriali, a cominciare dai circoli. Va ridotto drasticamente il numero dei componenti dell’Assemblea e della Direzione in modo da rendere possibile il dibattito interno. E anche la Segreteria deve essere di un livello molto alto. Il Segretario deve avere la maggioranza ma deve portare in Segreteria tutte le componenti, in modo che la Segreteria possa assumere degli indirizzi politici nei quali tutto il Partito si possa riconoscere. Tra Bonaccini e la Schlein, lui è più adatto a fare il Segretario.

Lei voterà Bonaccini. Ma di Elly Schlein che idea politica si è fatto, senatore Zanda?
Non posso votare una candidata che non era iscritta al Pd e lo ha fatto per fare il segretario. La non iscrizione di Schlein non è una banale questione estetica. E’ un fatto politico molto rilevante indice di una cultura minoritaria. Chi aspira a fare il segretario del Pd deve dimostrare che il suo legame col partito vale sia nella buona che nella cattiva sorte. Elly Schlein si è potuta iscrivere e candidarsi a segretario per una modifica allo statuto fatta all’ultimo momento. Lo statuto di un Partito serio non si lo si modifica alla vigilia del Congresso.

“Al giusto e all’ingiusto abbiamo sostituito in maniera subalterna, il “vecchio” e il “nuovo” senza preoccuparci se anche negli effetti di quel “nuovo” ci fossero elementi di ingiustizia e di oppressione. Per questo non possiamo tornare indietro verso quella storia. Voto Elly Schlein perché con chiarezza ha fatto proprio questo obiettivo; ed anche per questo è importante che vinca”. Così Nicola Zingaretti in una intervista a questo giornale.
Tutti e quattro i candidati alla Segreteria del Pd hanno promesso un nuovo Partito. Le differenze stanno sul contenuto della novità che propongono ed io trovo più convincenti gli impegni di Cuperlo e di Bonaccini.

Lei parla di progetti, di una profonda riforma del Partito. Ma il dibattito sembra essere sempre ancorato al vecchio e un po’ trito discorso sulle alleanze e sul cosiddetto “campo largo”.
Dovremmo aver capito la lezione. Prima delle alleanze ci vuole un Partito forte, sia nella sua linea politica sia nella sua organizzazione interna. Perché un Partito forte può permettersi alleanze anche impegnative, mentre un Partito debole è destinato più al vassallaggio che alle alleanze.

Che destra si sta dimostrando quella che oggi governa l’Italia?
Dobbiamo riconoscere che sull’Ucraina la Meloni sta dalla parte giusta ma lei e il suo Governo hanno fatto errori gravi.

Quali?
Gli equivoci nei rapporti con la Francia, ministri e sottosegretari chiaramente inadeguati, provvedimenti sbagliati scritti e riscritti, sino alla reticenza su episodi per loro molto imbarazzanti come il pestaggio degli studenti a Firenze. Poi ci sono delle questioni di fondo destinate ad esplodere. Meloni vuole una Europa confederale e cioè una Europa degli Stati. Il Pd vuole invece una Europa federale, uguale a quella che Altiero Spinelli aveva disegnato a Ventotene. Ma non solo. Sul problema migratorio si innesta la sacrosanta questione dello ius soli, senza il quale in Italia non ci sarà mai una vera integrazione.

E sul caso Delmastro?
C’è una indagine in corso della Procura di Roma. Quel che è certo è che i resoconti sui colloqui nelle carceri non si usano in Parlamento come clave politiche nei confronti dell’opposizione.

Il Pd, questo Pd, sa fare opposizione?
Si può sempre migliorare, ma mi sembra che Il Pd stia facendo bene l’opposizione. Il problema però non è questo. Mi sembra che Conte e Calenda continuando nella loro quotidiana opera di distinzione, stiano impedendo una opposizione unitaria nei confronti del governo Meloni.

Dunque il Pd non è malato terminale di “governismo”?
Non conosco nessun partito politico che non abbia l’ambizione di governare il Paese. I guai per il Pd sono iniziati quando è andato al Governo con partiti che avevano piattaforme politiche opposte alla sua. Se con la parola “governismo” lei intende questa malattia, penso che il Pd ne sia guarito.

E per il futuro?
Mi auguro che gli italiani eleggano segretario Bonaccini.

Tutto questo dibattito sembra prescindere da una questione che dovrebbe invece essere centrale: la guerra. Il 24 febbraio sarà un anno dal suo inizio. E la fine, concordano gli analisti, sembra lontana dal venire. Si continuano a inviare armi, e di questo si discute. La politica ha disertato?
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è stata una violazione gravissima di tutte le norme che regolamentano le relazioni internazionali. Questa è una guerra della Russia. L’Ucraina sta difendendo il suo territorio e i suoi abitanti. Putin dice che è in gioco l’esistenza stessa della Russia e che è l’Occidente ad avere dichiarato la guerra. Sono due menzogne. Leggere che migliaia di bambini ucraini sono stati deportati in Russia per essere adottati da famiglie russe e trasformati da ucraini in russi, è mostruoso. Così come sono mostruosi gli stupri, le torture e le esecuzioni a freddo. Credo che durante questo anno di guerra, sia pure con la riservatezza diplomatica, la pace sia stata sempre cercata. Lo confermano sia l’annunciata iniziativa cinese, sia i contatti riservati tra Mosca e Washington per la visita di Biden a Kiev. Il problema è “quale” pace si vuole raggiungere. Perché Putin vuole solo la pace delle sue conquiste ma questa non è pace, è una pura e semplice prepotenza.

E l’Europa?
L’Europa fa quello che può. Ma l’Europa non è una nazione, è una Unione di Stati legati tra loro da trattati. La sua fragilità in politica estera dovrebbe spingerci verso la costituzione di una Federazione europea, verso gli Stati Uniti d’Europa. Senza l’unione politica dell’Europa non avremmo mai né una vera politica estera europea né forze armate europee.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.