La vittoria alle primarie dem
Come sarà il PD di Elly Schlein: i nomi della nuova segreteria
Ieri sera il Pd ha certificato, con il sigillo della Commissione nazionale per il Congresso, i dati definitivi che incoronano Elly Schlein prima segretaria donna di una forza politica della sinistra italiana. La contabilità, non risulti apodittico, conta. Almeno in questi casi: i voti validi sono 1.098.623. Di questi, il 53,75% dei consensi è andato a Schlein, mentre Bonaccini è rimasto al 46,25%. Ed ecco che il nuovo Pd nasce con un compito ambizioso: deve riassumere il meglio del Pd che c’era e il meglio di quello che mancava. La sintesi è affidata alla segretaria neoeletta a cui ieri tutti – da Enrico Letta a Stefano Bonaccini – hanno rivolto gli auguri.
«Sono certo che con Elly il partito avrà fortuna e salute», l’auspicio di Letta. «Lavoro per la massima unità», garantisce lei. L’incontro e il passaggio di consegne al Nazareno, finalmente festoso dopo quattro mesi di congressi costellati da episodi anche tesi, è trascorso non senza mettere mano alle agende. Sulla terrazza del Nazareno, in una Roma che ha visto alternarsi pioggia e sole, il colpo d’occhio che si è palesato ai fotografi è stato di quelli eloquenti. Marco Furfaro, Chiara Gribaudo, Marco Sarracino, Alessandro Zan. Il ‘team Elly’ al completo con Francesco Boccia a fare gli onori di casa ad un Enrico Letta che salutava quelli che potrebbero essere suoi studenti, e che invece hanno preso il suo posto. Elly Schlein è raggiante.
La segretaria è al suo primo giorno da leader nazionale ma qualche esperienza pregressa ce l’ha. E sa che deve puntellare subito, alternare i suoi referenti di fiducia con qualche figura concessa alle altre aree. Si comincia dall’alto: Marco Furfaro è in predicato di diventare Coordinatore della segreteria. «Attendiamo l’assemblea che credo sarà il 12 marzo. Sarà quello il momento in cui verrà votata la nuova segreteria del Partito democratico», ha annunciato Schlein. Che avrebbe già appuntato, per ora a matita, i due nomi che prenderanno le redini dei gruppi: Michela De Biase guiderà i Dem alla Camera, Francesco Boccia al Senato. Ora tutti gli occhi sono puntati alla composizione della Direzione e poi della Segreteria. Saranno identitarie o unitarie? La numero due di Bonaccini, Pina Picierno, sembra contarci. E apre al vento della novità di Elly Schlein.
«La vittoria di Elly Schlein alle primarie del Pd ci restituisce un risultato inatteso, che deve interrogarci in modo serio: quanto deciso dagli iscritti è stato ineditamente rovesciato dal voto ai gazebo, sintomo anche di un sistema politico che vive di entusiasmi e di voglia di cambiamento. Per questo motivo l’esito del voto rappresenta una novità nel campo progressista che è destinata forse a cambiare il modo con cui concepiamo la rappresentanza», dice Picierno. È lei, amichevolmente, a introdurre il tema del sostegno all’Ucraina, tema assente dal discorso di insediamento letto da Schlein la notte del Nazareno. «Le ragioni che hanno determinato la nascita del Pd si fondano sul suo modo di stare nella politica italiana ed europea, sul sostegno a Kiev e alla sua resistenza, sulla sua collocazione internazionale e sulla lotta a tutti i regimi illiberali». E così quello delle “parole che non ti ho detto” diventa un argomento che i più distanti agitano in chiave critica. «Non mi piace il silenzio sulla guerra in Ucrania – fa sapere ad esempio Rosy Bindi – sarò molto attenta su questo tema. Dovrebbe dire parole chiare a riguardo, in gioco c’è un nuovo assetto mondiale».
E le fa notare che avrebbe dovuto andare, come primo gesto da segretaria, a Crotone. Su quella spiaggia dove la più feroce strage di migranti impone alla sinistra di assumere una iniziativa forte. Nel segno dell’unità necessaria, un’altra donna, la senatrice Valeria Valente, che aveva sostenuto Bonaccini, si rivolge alla nuova leader dei Dem. «Il congresso- sottolinea Valente- ci consegna un risultato chiaro: il nostro partito è diviso sostanzialmente a metà e per la prima volta gli iscritti sono stati contraddetti dagli elettori. Tutto questo impone alla nuova segretaria, alla quale da adesso in poi ci stringiamo con lealtà, di affrontare un compito prezioso e difficile: quello di rilanciare un partito plurale ma con una voce chiara, netta e comprensibile a tutte e tutti». Pronto a riconoscere i meriti della neosegretaria anche Giorgio Gori: «Ha saputo coinvolgere giovani e donne e questo è un suo merito», dice tendendole la mano. Ma non senza condizioni. «Terrà la posizione atlantista o no? Terrà la linea Letta sull’Ucraina o no? Sarà pragmatica sul lavoro che non è solo difesa dei salari ma anche creazione di lavoro o no?», si chiede. «Se sarà così il Pd sarà il mio partito. Io le faccio molti auguri, vedo anche gli aspetti delle potenzialità di quello che è riuscita a fare. Certamente però ci sono anche dei rischi», conclude il sindaco di Bergamo, Gori.
Base Riformista ha tenuto la sordina ben messa per non correre il rischio di creare incidenti diplomatici anticipati. Solo Beppe Fioroni, che fu tra i fondatori del Pd e prima ancora tra gli esponenti più ascoltati della Margherita – quando ne era segretario Francesco Rutelli e presidente Sergio Mattarella – ieri ha invece deciso di levare le tende senza concedere a Elly Schlein neanche il beneficio del dubbio. Un caso che potrebbe non rimanere isolato, avvertono gli ex popolari. «L’addio di Beppe Fioroni al nuovo corso del Pd che sarà legittimamente guidato da Schlein non è che la punta dell’iceberg che riguarda l’area centrista, cattolico popolare e cattolico sociale che per molto tempo si è impegnata in quel partito», dice Giorgio Merlo, che rappresenta l’area dei Popolari. “Polemiche fisiologiche”, le bollano al Nazareno.
Dove ci dicono che gli uffici sono già al lavoro per non disperdere l’entusiasmo e la partecipazione delle primarie. Il nuovo tesseramento potrebbe partire già a fine marzo, con una grande campagna di comunicazione diffusa che avrà come obiettivo quello di frenare le Opa ostili del Terzo polo e dei Cinque Stelle. Più distanti i primi, più vicini i secondi: ieri da Giuseppe Conte a Virginia Raggi è stato tutto un vortice di telefonate e telegrammi per celebrare l’incarico a Schlein. Da Matteo Renzi, un eloquente silenzio su tutta la linea.
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