Un passaggio di consegne segnato dal regalo di un melograno in ceramica, “simbolo di prosperità, fortuna e salute”, come specificato da Enrico Letta. Così l’ormai ex segretario del Partito Democratico ha salutato la sua erede, la vincitrice delle primarie Pd di domenica 26 febbraio Elly Schlein.

Alla giovane deputata 37enne, che in queste ore ha ricevuto le congratulazioni del suo sfidante Stefano Bonaccini ma anche della premier Giorgia Meloni e di leader di partito come Giuseppe Conte, Carlo Calenda, e Silvio Berlusconi, spetta ora un compito non facile: tenere insieme il partito, l’anima riformista e quella più di sinistra, che a sorpresa e grazie al voto dei non iscritti ha ribaltato l’esito del voto dei congressi, che avevano visto vincere il governatore dell’Emilia Romagna Bonaccini.

Non è un caso se Schlein al Nazareno spiega subito che “lo sforzo è lavorare per la massima unità. Avere cura della storia e dei valori del Pd e proiettarli al futuro”. Nel farlo, ha aggiunto Schlein, bisognerà “tenere insieme anche le culture che hanno forgiato questo partito, lavoriamo per il rilancio”.

Presa la parola, Schlein ha però innanzitutto ringraziato Letta “per il lavoro svolto in questi anni”. Quanto ai prossimi passi per la vita interna al partito, il 12 marzo ci sarà l’assemblea che voterà la nuova segreteria, ha spiegato Schlein, appuntamento che visto il voto di domenica dovrebbe essere una semplice formalità.

E dal voto di domenica si dovrà ripartire, questa volta però per allargare il popolo Dem a suon di tesseramenti affinché “il popolo delle primarie sia coinvolto non solo nella scelta del nuovo segretario o segretario, ma che entri a far parte di questa comunità. C’è grande voglia di ricostruire insieme”, le parole della neo segretaria.

Il rischio rottura interna

Nel day after comunque le grane per Schlein non mancano, e sono tutte interne al partito. Il rischio concreto è quello di uno ‘svuotamento’ dell’area più centrista, liberaldemocratica e cattolica. Il prima a rompere gli indugi è stato l’ex ministro Beppe Fioroni, tra i fondatore del Partito Democratico, che ha annunciato il suo addio addirittura prima del passaggio di consegne e la definitiva ascesa a segretaria di Schlein con l’assemblea del 12 marzo.

È un Pd distinto e distante da quello che avevamo fondato che metteva insieme culture politiche diverse dalla sinistra al centro, con i cattolici democratici, i popolari e la Margherita. Oggi legittimamente diventa un partito di sinistra che nulla a che fare con la nostra storia, con i nostri valori e la nostra tradizione“, sono state le parole di rottura di Fioroni.

Perplessità arrivano anche dall’area degli ex renziani. Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori ha messo in dubbio la sua permanenza nel partito, invitando la neo segretaria a “valorizzare le diverse energie che si trovano nel Pd. Un partito con diverse fratture, con forti differenze territoriali tra Nord e Sud, generazionali, di cultura politiche che sarà importante tenere insieme e tutto questo dipende da lei, da come affronterà alcuni nodi fondamentali: terrà la posizione atlantista o no? Terrà la linea Letta sull’Ucraina o no? Sarà pragmatica sul lavoro che non è solo difesa dei salari ma anche creazione di lavoro o no?“. “Se sarà così il Pd sarà il mio partito”, ha detto Gori intervenendo stamattina su La7.

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.