La rivolta di Evgenij Prigozhin ha di nuovo acceso i riflettori sul gruppo Wagner, la compagnia di contractors da lui fondata nel 2014 insieme a Dmitriy Valeryevich Utkin. Per molti anni, il ruolo di Prigozhin è rimasto avvolto in un alone di mistero. Fino a settembre 2022 non ha mai voluto confermare la sua regia dietro alla nascita della Wagner, ed è solo con la guerra in Ucraina e con la crescita della sua figura tra gli ultranazionalisti, che lo “chef di Vladimir Putin” ha deciso di confermare al mondo la paternità del gruppo. Scelta teatrale per sfruttare l’importanza della Wagner durante la cosiddetta “operazione militare speciale” in Ucraina? Molto probabile. Prigozhin in questi anni ha costruito un impero economico e militare di assoluto rilievo. Ma l’invasione dell’Ucraina ha confermato che la sua milizia, tra azioni criminali e una violenza efferata, non solo si è rivelata decisiva per ottenere successi nella parte orientale del Paese, ma anche come spina nel fianco della Difesa, ritenuta spesso ben al di sotto delle aspettative dello “zar”.

I vertici militari, come Sergei Shoigu e Valerij Gerasimov, ne sono sempre stati consapevoli: preoccupati che un uomo svincolato dalle forze armate e con alle spalle crimini e interessi in vari angoli del mondo potesse diventare una sorta di comandante di fatto. Ma per raggiungere questo protagonismo, Prigozhin ha potuto contare per anni del sostegno del Cremlino e di occhi chiusi di intelligence e forze armate, che lo hanno lasciato fare soprattutto dove la Russa non poteva agire in maniera ufficiale. Tutto ha avuto inizio nel 2014, quando la compagnia di sicurezza è stata impiegata in Crimea e Donbass per sostenere le forze filorusse nel conflitto contro il governo ucraino. In queste regioni, la Wagner schierò migliaia di paramilitari che facevano da ponte tra le forze armate russe di stanza nella penisola sul Mar Nero e le milizie locali. Una volta annessa la Crimea, e con la guerra del Donbass congelata (ma non certo finita), gli uomini di Prigozhin hanno poi abbandonato il fronte ucraino anche perché il Cremlino aveva bisogno di loro in altre missioni.

Questa legione privata, infatti, si era rivelata estremamente utile, capace di combattere e fondamentalmente in grado di integrarsi alla dottrina russa in quanto composta da ex militari di Mosca o comunque da suoi cittadini. Putin decise così di impiegarla in tutte le aree in cui la Russia o non voleva coinvolgere troppi uomini oppure, almeno ufficialmente, non poteva avere “boots on the ground”, ovvero impiegare truppe regolari. Così, gli uomini al soldo di Prigozhin hanno iniziato a essere spediti in Siria, dove Putin sosteneva Bashar al Assad attraverso le forze armate e il contemporaneo impiego dei mercenari nelle missioni dove non voleva che fosse palese il coinvolgimento di Mosca. Una guerra in cui Prigozhin ha anche subito molteplici perdite: i media diedero la notizia di una battaglia di quattro ore tra forze statunitensi e Wagner con centinaia di contractors caduti sotto le bombe Usa. Successivamente, i mercenari dello “chef” hanno iniziato le loro operazioni anche in altri contesti bellici, in particolare in Africa.

Qui, la Wagner ha svolto in larga parte compiti di supporto a regimi locali o leader militari che avevano bisogno di addestratori, consiglieri o uomini non solo bene addestrati ma anche pronti a tutto. Una legione parallela sfruttata da Putin per ampliare il suo raggio d’azione in Africa, ma che è servita anche a Prigozhin per costruire un impero economico ramificandosi in Paesi ricchi di materie prime e senza controllo. Prima in Repubblica centrafricana, poi in Sudan, Libia, Mozambico e ora anche in Mali, l’esercito di Prigozhin si è esteso un po’ ovunque, costruendo un potere all’ombra del Cremlino su cui ora la Russia, come suggerito dal ministro degli Esteri Serghei Lavrov, potrebbe puntare di nuovo. Lontano dall’Ucraina e da dove si è ribellato, ma forse ancora troppo utile per gli interessi di Mosca.

Lorenzo Vita

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