Ambrogio
San Siro, una demolizione dettata dal business. Ristrutturare è l’unica scelta economica, ecologica e visionaria possibile
Parlare della situazione attuale dello stadio Meazza di San Siro, dopo oltre 6 anni da quando le allora proprietà di Inter e Milan lanciarono la richiesta di demolizione dell’impianto, è utile per fare considerazioni sulle priorità delle persone che abitano a Milano.
In questo lungo periodo, insieme a Luigi Corbani, al Comitato SIMeazza e a quei pochi consiglieri comunali e ai tanti cittadini che hanno preso una posizione contraria ai voleri del Sindaco abbiamo scritto, detto e fatto tutto quanto reputavamo necessario per spiegare le nostre posizioni e la nostra visione per il futuro. È davanti agli occhi che -quali che siano i reali bisogni dei cittadini, primo fra tutti un equilibrio psico-fisico che possa dare un presente e un futuro alle loro famiglie- quello che regola le scelte di chi governa sul territorio sia ben altro.
Ciò che predomina è la ossessiva ricerca dell’attrattività della città. I capitali esteri come principale obiettivo. La vendita degli immobili di proprietà del Comune e quindi dei cittadini, e non di chi temporaneamente li governa, come missione principale. L’omologazione commerciale e culturale con la massiccia presenza di catene internazionali e la costante chiusura di esercizi storici, teatri, locali che rappresentano l’identità, la storia e la personalità della città. L’ossessione per la necessità di crescita costante di un turismo becero che non genera reali risultati economici, un turismo cafone mordi e fuggi che toglie gli spazi vitali a studenti e giovani che non possono permettersi affitti inaccessibili.
Demolire lo stadio di San Siro, luogo di vocazione popolare e di condivisione di tutto il mondo dello stare insieme sportivo, musicale e religioso non è altro che la conseguenza di queste ossessioni. Politica a disposizione del business. La città emblema del business. Lo stadio concepito solo come uno strumento per il successo finanziario delle proprietà dei club calcistici. Non si parla mai di sport come componente essenziale della socialità e della salute delle persone. Tutto si piega ai risultati come se nei più di cento anni della loro storia Inter e Milan non avessero vinto nulla. Come se non ci siano stati campioni memorabili, vittorie e ripetizione, milioni di persone a partecipare e condividere la Scala del Calcio e della Musica Rock (lo hanno ricordato in tempi diversi Jagger e Springsteen).
Ristrutturare e gestire diversamente lo Stadio di San Siro è l’unica scelta economica, ecologica e visionaria possibile. Uno Stadio dell’entertainment a 360 gradi disponibile per tutto l’anno, con un tetto coperto che migliori l’acustica sia per il pubblico che per gli abitanti della zona, un terreno di gioco che rapidamente possa cambiare la sua funzione, migliori servizi igienici e ristorativi per i principali share holder che sono sempre stati il pubblico pagante di partite e concerti e non le aziende che occupano gli sky-box. Una riconversione del cemento intorno allo stadio a verde utilizzabile, vivibile e necessario per la nostra salute. Una politica rigorosa che neghi l’accesso ai mezzi motorizzati nelle aree contigue e che modifichi interamente il concetto della viabilità in occasione di partite e concerti. Una possibile gestione diretta del Comune di Milano o alternativamente una gestione privata a seguito di gare serie e vere e frutto di professionalità e visione per il futuro. Un futuro che non è scritto.
Chi può sapere fra 20/30/50 anni quali saranno le discipline più praticate ed amate dalle persone? Forse il rugby, forse il calcio femminile, forse modelli di entertainment che ora non esistono ancora. Non comprendo come in una epoca in cui si parla spesso di rigenerazione urbana, di limitazioni al consumo del suolo, della necessità di ristrutturare, l’unico edificio da demolire sia lo stadio Meazza e l’unica area da consumare siano i 280.000 mq di San Siro e terreni confinanti. Una palese contraddizione a favore dei due fondi americani che resteranno fino a quando gli converrà. Scegliere la via della demolizione che non crea alcun vantaggio ai cittadini, né alle casse del Comune di Milano.
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