Trovare una formula realistica
Nuovo stadio San Siro, numeri, visione e spirito: l’idea che salvaguarda i ruoli di comune, Milan e Inter
Il sindaco Sala ha rilanciato il confronto sull’impianto sportivo milanese. Trovare una formula realistica che faccia incontrare gli interessi di tutti è una necessità non più differibile. Ecco un’idea che guarda alla sostanza, salvaguardando i ruoli
La questione sul tappeto oggi è tornata ad essere esclusivamente quella di una ristrutturazione dell’impianto di San Siro per rispondere a esigenze di miglioramento funzionale, alla possibilità di destinare una quota di 10/12mila posti attuali come posti premium, inoltre prevedendo un nuovo spazio attrezzato dove collocare i vecchi e nuovi servizi destinati all’accoglienza. Anche la questione delle nuove edificazioni previste dal Pgt vigente (indice 0,35 corrispondente a circa 100mila mc di volumi) è ricondotta alla funzione originariamente prevista di “cittadella dello sport”, con spazi commerciali dedicati, sede per i club e per istituzioni sportive.
Il “rammendo” dell’area parcheggio passa da poco più che un elemento di “green washing” per i rendering a essere uno degli obiettivi fondamentali dell’intervento: si tratta evidentemente di un obiettivo più limitato, ma altrettanto più concreto, rispetto agli interventi sul “degrado” del quartiere di cui si è parlato con molta propaganda nella prima fase di questo dibattito. Il sindaco Sala ha già messo sul tavolo – in termini ancora problematici – il tema delle modalità e della titolarità di svolgimento dell’operazione, considerando l’esigenza più volte citata di “patrimonializzare” l’investimento da parte delle società, la necessità di garantire una tempistica di affidamento e realizzazione lavori.
Dando per scontato che qualsiasi soluzione non potrà che passare da gara pubblica con modalità europea, le alternative prospettate dal sindaco sono la cessione del diritto di superfice per 90 anni ovvero della piena proprietà, con una preferenza sua per l’eventuale cessione prima della effettuazione dei lavori. Tra le proposte possibili c’è quella della costituzione di una società con 100% del Comune con il conferimento dello stadio Meazza e del terreno circostante con indice di fabbricazione 0,35 e successiva cessione mediante sottoscrizione di aumento di capitale del 49% e della gestione a soggetto privato mediante bando pubblico, come previsto dalla legge in vigore da molti anni.
Gli effetti per il Comune
Una evidenziazione a patrimonio di almeno 300 milioni come quota di partecipazione e controllo di una Spa di beni che oggi sono demaniali a valore catastale o storico residuale. La disponibilità di un veicolo societario in partnership con una liquidità di 3-400 milioni e una capacità di investimento grazie alla leva finanziaria di oltre 1 miliardo di euro. Il mantenimento della potestà ordinaria in materia di pianificazione urbanistica e la piena disponibilità dei relativi oneri. Il mantenimento della regia pubblica sulla più importante operazione di rigenerazione urbana del prossimo decennio.
Gli effetti per la partnership
In generale, la riduzione a meno della metà dell’impegno finanziario complessivo del partner privato, con conseguente caduta delle necessità delle richieste “compensative” – in gran parte irricevibili – connesse alla procedura “legge stadio”. È pertinente e opportuno evocare l’esempio di Arexpo Spa che – dopo aver evitato la frettolosa, e allora apparentemente senza alternative, cessione prevista dal progetto iniziale per la buona ragione che avrebbe coperto meno del 50% del debito residuo per l’acquisto – con una salda regia pubblica nel giro di pochi anni ha azzerato il debito verso le banche, avviato con gara pubblica una partnership con uno dei principali attori mondiali per lo sviluppo immobiliare e concretizzato il progetto “Mind” con decine di partner privati e pubblici.
Va detto poi che la ricerca di un partner privato con bando pubblico per la cessione del 49% delle quote e della gestione della società, come previsto dalla legge vigente, permette di allargare la possibilità di manifestare interesse. È infatti chiaro a chiunque che le due società non dispongono né dei mezzi finanziari né tantomeno del know how di sviluppo immobiliare per gestire un progetto di tali dimensioni e farebbero trading dei diritti concessori verso operatori immobiliari e finanziari. Occorre non sottovalutare questo particolare se si parla seriamente di un impianto che deve vivere 365 giorni l’anno, soprattutto quando c’è di mezzo il calcio e San Siro. Non è a tutti chiaro, infatti, che Milan e Inter gestiscono già da più di 20 anni lo stadio Meazza in virtù di un contratto di affitto che permette loro la più ampia possibilità decisionale, essendo di fatto arbitri primi e pressocché unici di quel che avviene al suo interno.
Il rapporto tra pubblico e privato
La soluzione prospettata permetterebbe di trasformare una poco comprensibile “rinuncia” comunale in partecipazione all’investimento: il valore delle aree e dell’attuale Meazza, con volumetrie previste dal Pgt e impianto funzionante, come beni strumentali di una società di scopo dovranno essere valutati come tali e non come valore concessorio, e non saranno certo inferiori ai 250/300 milioni di euro; si tenga conto, per esempio, che il valore del suolo/parcheggio è stato di fatto “creato” con l’approvazione del Pgt del 2019 e che sullo stesso Meazza, per effetto del contratto di affitto in essere con le società Milan e Inter sono stati effettuati negli ultimi 20 anni quasi 100 milioni di interventi sulla struttura, cui si aggiungono i circa 25 milioni effettuati dal Comune nel 2016 per alzare lo standard dell’impianto per la finale di Champions League.
La cessione del 49% della gestione della nuova Spa ai partner privati in aumento di capitale comporterebbe un investimento presumibile di 350/400 milioni di euro che resterebbero interamente come liquidità della società, con evidente incremento di valore della stessa proprio in funzione della liquidità disponibile che – unita alla piena proprietà di suolo ed impianto – renderebbe il veicolo societario immediatamente operativo per gli investimenti avendo a disposizione una leva finanziaria in grado di sostenere un piano di investimenti perfino superiore a quello ipotizzato (e un po’ millantato…) finora. Adesso il tema prioritario per le società di calcio non è tanto quello reddituale dello stadio, quanto la patrimonializzazione della società di gestione. Questo segna un radicale cambio di ottica rispetto all’iniziativa di cinque anni fa, che richiede una valutazione completamente nuova rispetto a quelle effettuate finora.
La sostenibilità e i tempi
Se la città deve intervenire in aiuto ai club – e noi pensiamo che lo debba fare – deve essere molto chiaro e trasparente e deve farsi sulla base di piani economici e finanziari che riguardano l’intera gestione societaria e sportiva e non solo un parziale: non sarebbe e non è spiegabile un aiuto pubblico su questo terreno a fronte di una dinamica dei costi societari che continua a muoversi in maniera indipendente e non trasparente. È stato obiettato che in questo modo i “numeri non tornano” per gli investitori. Ammesso e non concesso che con la proposta dei club questi “tornino” (al momento attuale, non esistono piani credibili presentati) l’utilizzazione del veicolo societario proposto dimezza l’impegno finanziario dei privati e delle squadre, diminuisce di conseguenza considerevolmente il rendimento atteso necessario per coprirne l’ammortamento e in generale – anche grazie alla presenza di un socio pubblico stabile nell’operazione e alla conseguente stabilità dei titoli a patrimonio – attenua in maniera significativa il grado di rischio finanziario ed economico dell’intera operazione. Se i numeri non dovessero “tornare”, vorrebbe dire che è l’intera operazione “ab initio” a non essere sostenibile o che sono le incognite possibili per un intervento che si misurerà nell’arco di almeno un decennio a renderlo infattibile senza interventi a fondo perduto da parte della collettività, come per la verità si è sempre verificato fino ad oggi a Milano e nella stragrande maggioranza dei casi analoghi in tutte le città europee.
Altra precisazione riguarda l’impatto che la proposta avrebbe rispetto al timing dell’intervento. Il primo effetto sarebbe in realtà quello di rendere i tempi certi: considerando dai sei ai nove mesi per costituzione società, pubblicazione ed aggiudicazione del bando, in un anno/data si potrebbe disporre di una struttura societaria operativa che può far partire i progetti e i cantieri partendo dall’impianto stadio, nuovo o ristrutturato che sia, seguendo i normali iter urbanistici. La solidità economica e finanziaria della società permetterà di affrontare prioritariamente il tema dello stadio, senza un legame diretto con le altre operazioni di rigenerazione urbana previste dal piano, in una parola senza l’urgenza di edificare alcunché in tempi ristretti e con progettazione strategica affrettata per “pagarsi” lo stadio. Al contrario dell’iter legge stadi, che ha già impegnato per oltre cinque anni molti protagonisti senza essere arrivato ad avere un solo punto fermo di qualsiasi genere, amministrativo, politico, economico, societario che fosse.
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