La "convivenza civile" Usa-Ue-Italia
Mulè: “Trump non ci tratti come un bimbo capriccioso che non ha fatto i compiti a casa. Schlein? Imprigionata nella vecchia camicia di forza”

«Una cosa è la dittatura delle esternazioni, un’altra è trovare il giusto equilibrio tra la volontà degli elettori Usa e gli interessi del nostro paese». Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera dei deputati, Forza Italia, non vuole scadere nella trappola delle provocazioni che hanno segnato questo primo mese di amministrazione repubblicana. «Donald Trump è un presidente eletto democraticamente. Ricordiamocelo sempre». D’altra parte, i rapporti Usa-Ue sono al minimo storico.
Onorevole, come si convive con Trump?
«Quello con Trump non è un matrimonio forzato. È una convivenza civile che va portata avanti evitando sia innamoramenti sia inutili strappi. La cosa essenziale è agire avendo ben chiari i nostri interessi nazionali».
C’è il rischio però di confondere il reale con il percepito.
«L’onnipresenza dei social può farci travisare i fatti, sì. Se si resta in scia a questo trend, si perde di vista il vero obiettivo fattuale. Le relazioni Italia-Usa dovranno essere definite volta per volta».
Agenda alla mano, punto per punto.
«Esattamente. Relazioni commerciali, militari, transizione digitale, climate change. Le nostre ambizioni e le loro devono trovare una sintesi condivisa».
In questo può essere d’aiuto il dialogo preferenziale che Giorgia Meloni ha creato con il presidente Usa.
«La nostra premier vanta un rapporto amicale con Trump che nessun altro leader europeo ha».
E può essere utile per tutta l’Europa?
«Può esserlo se Trump inizia a capirci. Se non ci tratta come un bambino capriccioso che non ha fatto i compiti a casa. La maturità del presidente Usa starà nel dare rilievo all’Europa nelle questioni che riguardano più da vicino gli Usa. Penso all’Ucraina, alle politiche migratorie, al cambiamento climatico».
Temi però su cui le due sponde dell’Atlantico sono distanti anni luce. Pensiamo alla transizione ecologica.
«Sicuramente la Commissione Ue non può fare come quella precedente. L’ecologismo spinto si è dimostrato deleterio, per prima cosa per le nostre imprese. Serve un approccio pragmatico. Direi trumpiano. Partiamo dal cancellare la deadline del 2035. Già questo potrebbe migliorare le relazioni con Washington».
Parlava di compiti a casa. Qual è il primo? Mandare soldati in Ucraina? Aumentare le spese militari?
«Il problema delle spese militari nasce dalla nostra incapacità di vedere le cose in grande. Bisogna concordare i programmi militari, superando le capacità dei singoli governi europei. Mentre per l’Ucraina, l’Europa deve fare di tutto perché le venga riconosciuta la guida di una forza di pace sotto egida Onu».
Tutto molto impegnativo. Pensa che sia possibile con la Ue che abbiamo?
«È inevitabile. Visto l’atteggiamento degli Usa e della Cina, dobbiamo ragionare su un periodo molto più lungo. Altrimenti si perde terreno. Penso all’Intelligenza Artificiale. Oggi Trump con un ordine esecutivo cancella e cambia le regole, mentre l’Europa resta vincolata al suo AI Act varato nel 2019, ma i cui primi effetti si vedranno nel 2026. Ovvero quando il contesto sarà cambiato del tutto».
Quindi ok a Musk?
«Musk è indispensabile. La sua tecnologia è avanti rispetto a qualsiasi altro player mondiale. E ci serve a patto che la chiave di protezione del dato sia in mano italiana. Come abbiamo scritto nel ddl Spazio, dobbiamo dotarci di un sistema di backup di protezione delle infrastrutture, nel rispetto della sovranità nazionale».
Che possibilità ha l’Italia di contribuire alla ricostruzione dell’Ucraina?
«Ma noi lo stiamo già facendo. La conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, che si terrà a Roma l’11 e il 12 luglio, non sarà certo un cocktail! Bensì un appuntamento voluto dal governo italiano perché il nostro paese, fin da febbraio 2022, sta operando per la ricostruzione dell’Ucraina. Penso agli accordi ratificati dal Parlamento nei campi sanitario, culturale ed energetico. Penso al contributo di Confindustria e di altre associazioni imprenditoriali. La ricostruzione della cattedrale di Odessa è, per incarico Unesco, di nostra competenza. Ci sono poi gli investimenti promossi dalla Bei, ma realizzati come italiani. Stiamo facendo formazione per l’aggiornamento delle competenze della burocrazia ucraina. Magistrati compresi. Certo, è un lavoro sottotraccia. Perché di fronte a una guerra, tutto questo passa in seconda fila».
Onorevole, un’ultima battuta sulle parole della segretaria Pd, Elly Schlein, che ha detto «no» a Trump pacifista di facciata, ma anche «no» all’Europa che finanzia la guerra.
«È la vecchia camicia di forza che ha imprigionato la sinistra fin dai tempi più bui. Né con lo Stato né con le Br. Il leitmotiv è lo stesso. L’opposizione continua a ripetere gli stessi errori che non le permettono di assumere una vera capacità di governo».
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