Il Regno Unito, un interlocutore privilegiato
Il ruolo del Regno Unito nei negoziati: Starmer ponte tra USA e UE. Qual è il vero obiettivo di Londra

È bastato un mese di presidenza Trump per sconvolgere i rapporti tra le due sponde dell’Atlantico. Alcuni leader europei, come il presidente francese Emmanuel Macron, stanno tentando di negoziare, cercando di riportare Donald a più miti consigli. Tra questi, un ruolo di rilievo lo sta giocando il premier britannico Keir Starmer. Giunto a Washington, il leader laburista ha cercato di convincere il presidente Usa a non affrettare una risoluzione del conflitto in Ucraina che possa rivelarsi svantaggiosa per Kiev. Solo poche settimane fa Starmer aveva già annunciato l’intenzione di aumentare le spese militari del Regno Unito fino al 2,5% del PIL entro il 2027, una mossa volta non solo a rafforzare la Difesa britannica ma anche a guadagnarsi il favore di Trump, da sempre critico nei confronti degli alleati Nato che non investono abbastanza nella propria sicurezza.
Il Regno Unito, un interlocutore privilegiato
L’attivismo di Starmer si inserisce in una tradizione consolidata della politica estera britannica. Indipendentemente dall’orientamento politico, il Regno Unito ha sempre cercato di posizionarsi come interlocutore privilegiato tra Europa e Stati Uniti. La necessità di bilanciare la propria identità europea con la relazione transatlantica è stata storicamente una costante bipartisan.
I precedenti
I governi conservatori hanno spesso enfatizzato il rapporto con Washington come contrappeso all’integrazione europea. Margaret Thatcher e Ronald Reagan, ad esempio, avevano un’intesa strettissima e condividevano una visione comune sulla Guerra Fredda. Più recentemente, Boris Johnson ha puntato sulla relazione con gli Stati Uniti, soprattutto per compensare l’isolamento post-Brexit. I laburisti, invece, hanno tradizionalmente cercato un equilibrio più sottile: Tony Blair ha mantenuto un forte allineamento con gli Usa durante la Guerra al Terrore, ma al tempo stesso ha lavorato per rafforzare la posizione britannica in Europa. Gordon Brown e, prima di lui, Harold Wilson hanno cercato di preservare la Special Relationship senza alienarsi gli alleati europei. Wilson, ad esempio, rifiutò di inviare truppe in Vietnam per non compromettere i rapporti con l’Europa.
L’era post-brexit
L’azione di Starmer non è dunque una novità assoluta, ma si distingue per il contesto in cui avviene. A differenza dei suoi predecessori, il leader laburista si muove in un’era post-Brexit, in cui Londra deve ridefinire il proprio ruolo internazionale. Il suo attivismo non punta solo a preservare la Special Relationship con Washington, ma ha un obiettivo più ambizioso: rafforzare il legame con gli Stati Uniti per ridare centralità al Regno Unito nello scenario europeo. Se Londra riuscisse a rimanere il principale interlocutore di Washington nel vecchio continente, Bruxelles potrebbe trovarsi indirettamente coinvolta in una rinnovata cooperazione transatlantica, proprio mentre i rapporti tra l’Ue e gli Usa si fanno più tesi. Starmer potrebbe quindi non solo rinsaldare il ruolo globale del Regno Unito, ma anche contribuire – forse in modo decisivo – a evitare un ulteriore allontanamento tra l’Europa e l’America di Trump.
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