L’incontro della rappresentanza di UCPI a Palazzo Chigi con la Presidente del Consiglio Meloni, con il Ministro Nordio ed il sottosegretario Mantovano, è caduto in un momento carico di significato politico perché la riforma costituzionale della separazione delle carriere ha già superato il suo primo voto parlamentare ed attende la sua approvazione da parte del Senato. Un iter, come sappiamo, piuttosto complesso e non privo di difficoltà a causa del doppio passaggio che ancora attende la riforma e dei tempi tecnici imposti dalla legge.

La proposta precedente

Ma non è soltanto questo il motivo per cui l’incontro ha avuto un significato particolare, considerato che, nella stessa giornata, la Presidente del Consiglio avrebbe poi incontrato una rappresentanza della ANM, il sindacato dei magistrati che ha pochi giorni fa manifestato la propria netta ed irriducibile contrarietà alla riforma inscenando un clamoroso sciopero nazionale. A fronte di questa chiusura dogmatica dell’ANM, e della denuncia di una riforma che mirerebbe a danneggiare i cittadini, l’Unione delle Camere Penali ha invece apertamente rivendicato la “primogenitura” della idea riformatrice, ricordando che la sua proposta di riforma costituzionale fu una proposta di “iniziativa popolare”, e come dunque la raccolta delle firme effettuata da UCPI nel 2017 rappresentasse in maniera plastica la saldatura fra questa riforma e l’interesse di tutti i cittadini alla concreta realizzazione del giusto processo. Di un processo di stampo accusatorio che dovrebbe essere celebrato, come vuole l’art. 111 della Costituzione, davanti ad un giudice terzo.

Le carriere separate

Si tratta a ben vedere di due posizioni fra loro molto distanti, non solo nel merito, ma anche nel metodo, se solo si consideri come la riforma costituzionale della separazione delle carriere non abbia nulla a che vedere, per quanto riguarda l’avvocatura, con un interesse di categoria e di natura corporativa, ma con la realizzazione stessa dei valori e dei principi di un moderno processo accusatorio. In questa stessa prospettiva abbiamo voluto ricordare l’esistenza di un nesso evidente fra i differenti tipi di organizzazione della magistratura ed i singoli modelli processuali. Chiarendo come l’attuale perdurante organizzazione unitaria della magistratura (unica carriera e unico CSM) sia funzionale ad un modello di processo inquisitorio oramai superato, mentre ad un modello accusatorio, quale è quello che ci siamo dato nel 1988, deve corrispondere fisiologicamente un assetto ordinamentale della magistratura a carriere separate. Un assetto nel quale giudice e pubblico ministero non condividono disciplina, valutazione di professionalità, trasferimenti e incarichi direttivi.

Gl interessi corporativi e correntizi

Si tratta di un universo di interessi, di aspettative carrieristiche, di privilegi e di tutele al quale l’Associazione dei magistrati non vuole invece rinunciare, per evidenti interessi corporativi e correntizi, rappresentando, tuttavia, all’esterno la difesa di questo antiquato status quo come una disinteressata e nobile difesa dei valori della costituzione, o come una tutela della propria indipendenza e autonomia, che come è noto questa riforma non tocca affatto. Dimenticando che, al contrario, il presente assetto unitario mina proprio l’autonomia e l’indipendenza interna dei singoli magistrati che questa riforma mira a tutelare dall’invadenza del sistema correntizio. Vero punctum dolens dell’attuale sistema. Ecco, ci interesserebbe in proposito sapere a quale auspicata “piccola correzione” alludesse il Presidente Parodi, deluso all’esito del suo incontro con il Governo, dato che l’ANM aveva dogmaticamente censurato la riforma della separazione come “ontologicamente incompatibile” con le basi dell’Associazione medesima.