Uno schiaffo, pesantissimo, ai due Paesi guida del cosiddetto ‘gruppo di Visegrad’. La Corte di giustizia europea ha respinto il ricorso presentato da Ungheria e Polonia contro il meccanismo che lega l’erogazione dei fondi europei al rispetto dello stato di diritto, permettendo all’Unione Europea su proposta della Commissione di sospendere i pagamenti verso gli Stati in cui questi diritti sono minacciati.

Una decisione attesa da tempo: i governi semi-autoritari di Budapest e Varsavia, guidati rispettivamente dai premier Viktor Orban e Mateusz Morawiecki, ne avevano chiesto la sospensione del meccanismo approvato alla fine del 2020 e la Commissione aveva accettato di aspettare il responso della Corte prima di agire contro i due Paesi.

I magistrati di stanza in Lussemburgo hanno quindi dato ragione al Parlamento e al Consiglio europeo e bocciato il ricorso di Ungheria e Polonia. Orban e Morawiecki avevano fondato la loro battaglia giudiziaria sulla indefinizione” del principio dello stato di diritto.

Le conseguenze della decisione odierna della Corte di giustizia rischiano di essere particolarmente pesanti: a rischio per Polonia e Ungheria sono i soldi del Recovery Fund ma anche gli altri aiuti europei, che i due Paesi ricevono in quantità ingente. Una questione legata alle ormai note violazioni dello stato di diritto nei due Paesi, dove vi sono ‘problemi’ enormi nel rispettare l’indipendenza della magistratura, la protezione dei diritti delle minoranze e delle opposizioni politiche, della libertà dei media e della stampa e nel garantire trasparenza sulle misure prese dai governi.

Non si è fatta attendere la reazione dei due governi sovranisti. Per la ministra della Giustizia ungherese Judit Varga, il verdetto odierno è “una prova vivente dell’abuso di potere da parte di Bruxelles”.

In Polonia il vice ministro della Giustizia, Sebastian Kaleta ha spiegato invece che il Paese ora “deve difendere la sua democrazia dal ricatto, che mira a toglierci il diritto di decidere su noi stessi. Tanto più che la Polonia perderà fondi per misure che sono tarate sullo standard in Spagna o Germania”.

Ovviamente di segno opposto la reazione che è arrivata dai vertice europei. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, ha accolto “con favore” la della Corte di giustizia europea “che conferma la legittimità del regolamento sulla condizionalità. La Commissione difenderà il bilancio dell’Unione dalle violazioni dei principi dello Stato di diritto. Agiremo con determinazione“.

Avatar photo

Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia