I colpi del kalashnikov e l’attacco al grido di «Allah Akbar» hanno riecheggiato per le strade di Bruxelles. L’ombra del terrorismo torna a farsi viva sull’Europa, di nuovo alle prese con quel sentimento di paura diffusa in seguito agli attentati degli ultimi giorni. Venerdì in un liceo di Arras (Nord della Francia) un professore viene accoltellato da un giovane di origine cecena; lunedì sera nella Capitale del Belgio un uomo impugna l’arma da fuoco e uccide due persone di nazionalità svedese. Entrambi gli episodi hanno alla base un comune denominatore: l’urlo «Allah Akbar». Sulla dinamica dell’ultimo accaduto si apre una serie di interrogativi: ha sparato senza una logica precisa o aveva individuato i suoi obiettivi in maniera scrupolosa? L’ipotesi più accreditata è quella che volesse vendicare le violenze contro i musulmani, in particolare la morte del bambino musulmano accoltellato di recente a Chicago. L’amara certezza è una: il killer, che in passato sarebbe stato espulso dalla Svezia, ha posto la parola fine a due vite innocenti. Resta in piedi la possibile correlazione con il conflitto israelo-palestinese in corso. Forse più un lupo solitario che parte di una cellula terroristica.
Il tutto accade nel giro di circa 12 ore: l’attentato, la fuga sul motorino per dileguarsi nel nulla, momenti di grande inquietudine, la cattura, la sparatoria con gli agenti e infine la morte di Abdesalem, il 45enne di origini tunisine. È questo il nome dell’assalitore che lunedì, dopo le ore 19, apre il fuoco nei pressi di Place Sainctelette seminando il panico. C’è un dettaglio che assume subito un significato notevole: l’attacco avviene poco prima del fischio di inizio della partita tra Belgio e Svezia valida per le qualificazioni all’Europeo di calcio 2024. Il che rappresenta tutt’altro che un fattore banale: dai video diffusi sui social emerge come le vittime indossino la maglia della nazionale gialloblu. L’identikit del terrorista e diversi particolari vengono delineati in tempo zero: la barba scura, il cappello che sembra essere di colore rosso, il giubbotto arancione con cui Abdesalem si mette a bordo di uno scooter per fuggire e far perdere le proprie tracce. Improvvisamente arriva il video dell’uomo che rivendica il folle gesto: si definisce un combattente di Allah, viene dallo Stato islamico. «Amiamo chi ci ama e odiamo chi ci odia. Mi sono vendicato per i musulmani. Ho ucciso svedesi ora. Si vive per la religione e si muore per la religione». Il riferimento potrebbe essere al 71enne che in Illinois ha ucciso un bimbo di nazionalità palestinese-statunitense oppure al rogo del Corano in Svezia. Si rincorrono le voci dell’appartenenza di Abdesalem all’Isis.
A Bruxelles entra in vigore il livello di allerta 4, il più elevato, sinonimo di minaccia terroristica “grave e imminente”. Nel frattempo prosegue la caccia all’uomo che però fatica a fornire esiti positivi: testimonianze e filmati amatoriali sono un bagaglio di materiale certamente prezioso che però fatica a essere decisivo per fermarlo. Con il passare dei minuti sorge uno scenario che spezza il fiato: il killer si starebbe dirigendo verso lo stadio Re Baldovino dove si sta disputando la gara Belgio-Svezia. L’allerta attorno all’impianto sportivo è massima; la partita viene prima interrotta e infine annullata per motivi di sicurezza. Lo stadio viene fatto evacuare sotto il controllo di un imponente spiegamento delle forze dell’ordine. Ma in tutto ciò nulla da fare: di Abdesalem non c’è traccia. I controlli proseguono tutta la notte. I luoghi da lui frequentati vengono passati al setaccio arrivando a perquisire un edificio a Schaerbeek (Comune belga dove l’assalitore avrebbe soggiornato) senza però trovare il ricercato. La svolta arriva alle prime luci di ieri mattina: un testimone inizia a sospettare dell’uomo, riconosce il sospetto attentatore all’interno di un bar e allerta immediatamente la polizia. Gli agenti raggiungono il locale (a circa due chilometri dal luogo dell’attentato) e aprono il fuoco per fermare il killer che aveva tentato la fuga per la seconda volta. Viene colpito al torace ed è proprio lui ad avere la peggio; nel giro di qualche minuto perde la vita. Ma la tensione è tutt’altro che arrivata al capolinea: non è da escludere che abbia agito insieme a dei complici. Non a caso la polizia si è attivata ricercando un altro individuo, sospettato di essere un complice dell’attentatore. Quattro persone, che potrebbero essere a lui collegate, sono state arrestate.
Fa discutere il quadro tratteggiato sul conto di Abdesalem. Presenta una domanda di asilo a novembre 2019; nell’ottobre del 2020 riceve un responso negativo e a stretto giro scompare dai radar; il 12 febbraio 2021 viene cancellato dal registro nazionale del comune; a marzo viene emesso l’ordine di lasciare il Paese che però non trova pratica attuazione. Ci sono altri particolari che inquietano e non poco: l’uomo sarebbe arrivato a Lampedusa nel 2011 a bordo di un barchino. Nel 2016 era a Bologna e, stando a quanto appreso e riferito dall’Ansa, nel capoluogo emiliano era stato rintracciato e identificato dalla polizia. Ora la Digos ha avviato le dovute verifiche del caso su ogni informazione relativa al killer di Bruxelles. Non solo a Bologna: sul suo profilo Facebook è spiccata anche una foto, risalente al 2021, che lo ritrae in piazza della Vittoria a Genova. Sarà fondamentale scoprire quali contatti possa aver avuto in entrambe le città italiane.
Ad aprirsi è anche la grana sicurezza. Il sospetto attentatore, riferisce la tv belga Rtbf, era noto alle autorità tunisine per dei fatti legati ad attività terroristiche. Dall’altra parte c’è però la versione fornita da Vincent Van Quickenborne, ministro della Giustizia belga, che ha fatto sapere come tuttavia Abdesalem non rappresentasse una minaccia «concreta e imminente». Eppure era noto per atti sospetti come ad esempio il traffico di esseri umani, la minaccia alla sicurezza dello Stato e il soggiorno illegale. Senza dimenticare che nel 2016 alcune informazioni indicavano che il 45enne di origini tunisine avesse un profilo radicalizzato e volesse partire per una zona di conflitto per la jihad. «Non si è potuto fare nulla. Non c’erano indicazioni concrete di radicalizzazione», ha spiegato il ministro. Abdesalem non era affatto uno sconosciuto: era sotto esame già prima dell’attentato terroristico.
Ieri mattina nell’ambito di una vasta operazione anti-terrorismo a Milano sono stati fermati un egiziano e un naturalizzato italiano di origine egiziane con l’accusa di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere con finalità di terrorismo. Si teme il ritorno della lunga scia di attentati. Occorre assumere la consapevolezza del fatto che la minaccia jihadista è ancora presente in Europa: le cellule dormienti potrebbero presto ricostruire la rete organizzativa per colpire di nuovo il Vecchio continente.
