Sì, no, scheda bianca, votare al Referendum è un dovere contro la politica che resta immobile e invita ad andare al mare

L’8 e 9 giugno si vota. Chi legge queste righe probabilmente già lo sa grazie al lavoro di informazione che fortunatamente è stato fatto su questa testata. Eppure, se per informarmi usassi solo le notizie che passano sulla nostra cara tv di Stato, la Rai, in quei due giorni penserei davvero di non avere altro da fare se non godermi un po’ di sole al mare. E quindi eccoci qui a guardare, o meglio a non guardare, la copertura mediatica azzerata di un appuntamento elettorale della cui informazione dovrebbe certamente occuparsi il servizio pubblico.

In questo contesto, insieme al gruppo “Boicotterai” ho presentato un esposto alla Procura della Repubblica contro il presidente del Senato, Ignazio La Russa. Il motivo è chiaro: la seconda carica dello Stato ha invitato esplicitamente i cittadini a restare a casa. Non si è limitato a dichiarare una scelta personale, pienamente legittima, ma ha usato il suo ruolo istituzionale per fare “propaganda” e spingere altri a disertare un dovere civico. Un gesto inaccettabile.

L’operazione sabotaggio

La nostra iniziativa ha suscitato polemiche. Alcuni ci accusano di aver trascinato sul piano penale una questione politica, ignorando la separazione dei poteri. Ma chiedere alla magistratura di valutare la rilevanza penale delle azioni di La Russa significa reclamare il rispetto delle regole da parte di chi le incarna, significa rivendicare l’imparzialità delle istituzioni, significa rompere il silenzio su un’operazione scientifica di sabotaggio del referendum e, più in generale, della partecipazione.

Perché mentre la partecipazione al voto si assottiglia elezione dopo elezione, invitare all’astensione significa partecipare attivamente allo svuotamento della democrazia. Il Presidente Mattarella ha più volte invitato a combattere l’astensionismo, perché votare è un diritto, ma un diritto non esercitato è un guscio vuoto: la democrazia, senza cittadini, si trasforma in una tirannia delle minoranze organizzate, che pilotano i meccanismi elettorali fino a distorcerli.

Referendum, l’invito ad andare al mare

Dire ai cittadini di non votare, o peggio, invitarli ad andare al mare, è un insulto. È trasformare un atto di libertà in un fastidio da evitare. È una vergogna. Sì, in passato anche tanti, compresi i radicali, referendari per vocazione, hanno fatto appelli all’astensione. Ma lo facevano in un contesto dove la partecipazione era forte e generalizzata: scegliere il silenzio allora era comunque un gesto politico. Oggi, è solo resa.

C’è chi dice che ad aver svilito lo strumento del referendum sia stato l’eccesso del suo utilizzo, ma la verità è che ad aver ammazzato uno dei pochi mezzi per incidere direttamente su una politica parlamentare troppo spesso assente è stata la diserzione politica, l’indifferenza strategica di una classe dirigente che, per non essere disturbata nella sua arte di non decidere, ha trovato nell’astensionismo un comodo alibi. Il problema non è l’abbondanza dei quesiti, ma la scarsità di forze politiche capaci di mobilitare, rappresentare, coinvolgere. Perché, in fondo, solo chi è privo di partecipazione teme davvero la partecipazione.

Per questo, disobbedite. Andate a votare: per dire sì, per dire no, o anche solo per deporre una scheda bianca. Ma andate. Solo chi prova a cambiare le cose può cambiarle davvero.