Ancora un caso molto controverso nella città del Palio
Siena, vittima di violenze sataniste? Gli stessi PM del caso David Rossi non le credono: considerata “pazza” | A Milano la pensano diversamente
Per la Procura di Siena il suo non era un racconto “credibile”. Per quella di Milano, invece, è stato il contrario. È tristissima la storia di Miriam, nome di fantasia, una donna di quaranta anni che per oltre un decennio ha subìto violenze di ogni genere da parte di una setta di satanisti.
“Abbiamo trovato un Pm scrupoloso, il dottor Stefano Ammendola, che ha creduto alla mia assistita”, afferma l’avvocato Massimo Rossi, difensore della donna, ricordando che il prossimo mese è in calendario l’udienza preliminare dove si deciderà se rinviare a giudizio o meno Fabio Bertin, imprenditore discografico di Varese, e sua moglie Rosa Stefanazzi, ex infermiera, entrambi accusati di riduzione in schiavitù e stupro aggravato.
“Purtroppo i Pm di Siena, ad iniziare da Antonino Nastasi, non hanno mai voluto approfondire questa storia. Per questo abbiamo presentato, al momento però senza aver avuto risposta, un esposto al Consiglio superiore della magistratura ed al ministro della Giustizia”, aggiunge Rossi.
Tutto inizia nel 1999 quando Miriam viene data in affidamento alla famiglia Bertin che abita in provincia di Como. Il rapporto è fin da subito difficile e Miriam, contro la sua volontà, rimane incinta del suo affidatario. Si trasferisce allora a Siena mentre il figlio viene mandato in una comunità. “Bertin iniziò a tempestarmi di chiamate e fui costretta, mio malgrado, a denunciarlo per di chi avrebbe dovuto indagare e proteggermi, mi ha salvato la vita, quella fisica perché le violenze resteranno tutta la vita, ed ha salvato la vita dei miei figli”.
“La Procura avrebbe dovuto iscrivere il nominativo e avrebbe dovuto indagare andando alla ricerca di prove, sarebbe bastato veramente poco: un monitoraggio di tipo scolastico, quale il pedinamento”, sottolinea l’avvocato Rossi che per un periodo venne addirittura indagato dai Pm di Siena con l’accusa di favoreggiamento. “Non ci si può trincerare dietro l’alibi (finto) del fatto che la donna non parlava, perché non può essere una ragione per non agire.
È inutile girare intorno all’argomento principale: vi sono atti in questa vicenda non compiuti o compiuti dalla Procura della Repubblica che hanno dell’illogico e che non rispondono a quanto una Procura dovrebbe fare in casi simili”, prosegue il legale. Per la Procura di Siena, Miriam doveva essere “pazza” o non atmolestie”, ricorda Miriam che conosce quindi un maresciallo dei carabinieri comandante di una stazione del posto che inizialmente sembra aiutarla ma, dopo averla messa incinta, l’abbandona al suo destino. L’imprenditore lombardo, a quel punto, torna a farsi vivo costringendola ad avere rapporti sessuali violenti. Lei, però, non lo denuncia nonostante ricorra più volte alle cure del pronto soccorso. Per la Procura di Siena si tratta di atti di “autolesionismo”.
“Mi si chiederà come mai io non ho fatto una denuncia espressa, sebbene fossi consapevole che i referti medici avrebbero dovuto consentire agli inquirenti perlomeno di indagare. Lo dico apertamente: non ho fatto un esposto in quel momento perché avevo paura che Bertin e la moglie ne fossero messi a conoscenza e che avrebbero ucciso me ed i miei figli”, afferma Miriam.
“Molti lo considerano un errore – prosegue – ma vista l’inerzia tendibile per forza, anche a fronte delle sue dichiarazioni e dei certificati medici. Per la cronaca, la problematica psichiatrica era stata smentita da una serie di CTU. Bertin, definito come soggetto “schizotipico”, leggendo il capo d’imputazione avrebbe quindi “usato” Miriam a suo piacimento per poi concederla ad altri soggetti.
La Procura di Siena, continua Rossi, “attraverso la sua inazione non solo non fatto indagini appropriate ma si sono concretizzate perdite probatorie: non ha monitorato la persona offesa e non l’ha protetta né allora né dopo, archiviando il fascicolo”. “Il motivo di tale atteggiamento – aggiunge – è oscuro ed insondabile e pone seri dubbi sulla adeguatezza del magistrato inquirente a ricoprire le sue funzioni”.
La Procura di Siena si è limitata a sentire Miriam dopo un intervento sanitario e siccome non diceva i nomi di chi l’aveva aggredita, l’aveva indagata per simulazione, nonostante il fatto che in uno dei referti vi fosse scritto che aveva riportato “calci alla schiena”. La donna aveva poi riferito l’esatta dinamica di questi episodi di violenza che si spingevano anche a chiuderle con un filo chirurgico la vagina.
“L’inaudita bestialità di tali violenze è inimmaginabile, sapere di subire e subire tali violenze è una tortura che può essere paragonata solo alla violenza sulle cavie umane fatta da Mengele nei campi di concentramento nazisti. I danni psicologici non hanno limiti e riducono la persona ad un cadavere in vita”, aggiunge Rossi, aggiungendo dunque che la donna – completamente soggiogata ed in balia di Bertin, della moglie e dei suoi diversi violentatori – oltre ad essere sottoposta a orge e rapporti di gruppo violento nei quali veniva brutalizzata e tagliata con coltelli affilati sulla schiena, “subiva anche pratiche che ricordano le messe sataniche”. Tesi, come detto, sposata dai Pm di Milano che non hanno voluto archiviare come fatto dai colleghi di Siena.
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