Sono un ragazzo di Roma ed ho 15 anni. Ho piacere di condividere l’esperienza che ho fatto a Faenza durante i giorni dell’alluvione che ha tremendamente colpito l’Emilia–Romagna. Sono partito martedì 23 maggio, niente era in programma, ho pensato che accumulare quattro giorni di assenze scolastiche fosse poca cosa rispetto al dramma in corso. Ho cercato un alloggio, un treno e sono partito.

Non mi sarei mai immaginato ciò che poi ho visto con i miei occhi. Distruzione di intere case, persone che hanno perso tutto: dai vestiti, alla macchina, ai ricordi. Case in cui potranno tornare fra mesi, se non anni, se non mai. Sono entrato in case con il tetto crepato, non conoscevamo la stabilità, ma era giusto farlo, sono entrato in cantine invase da fango e acqua di fogna per cercare di liberare quelle stanze.

Ci tengo a testimoniare la forza di volontà e l’altruismo di tutti i volontari che stavano aiutando persone quasi sempre a loro sconosciute. Sono un po’ deluso dai miei connazionali sotto questo aspetto, mi aspettavo di incontrare persone provenienti da ogni regione. Invece quando dicevo che ero di Roma i più rimanevano increduli e molti mi hanno ripetuto: “Ero rimasto al più lontano che era di Firenze”. Ciò significa che a molti italiani non è interessato perché forse c’è stata una debole capacità di immedesimarsi, ma quello che è successo in quei luoghi può accadere ovunque a ciascuno di noi.

In quei giorni mi ha molto colpito il fatto che Giorgia Meloni abbia lasciato il G7 per “correre in aiuto” dei cittadini colpiti, costruendo al contempo un vero e proprio capolavoro mediatico. A 112 giorni dall’inizio di quel disastro il governo non ha fatto arrivare alla regione nemmeno un euro. Allora mi chiedo: la patria forse non è un concetto astratto da sbandierare in contrapposizione a qualcuno, ma qualcosa da vivere, ogni giorno, nella condivisione e nella concretezza delle azioni.

Luigi Del Carlo - studente di Meritare l'Europa

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