«Trovo che la reazione della polizia australiana sia stata molto lenta e poco incisiva. Anche l’attuale governo ha le proprie colpe, non avendo preso adeguatamente le difese dei cittadini ebrei che vivono in Australia». Harel Chorev, ricercatore senior presso il Centro Moshe Dayan, esamina le responsabilità che si annidano dietro l’attacco terroristico avvenuto durante la celebrazione di Hanukkah, organizzata dagli ebrei Chabad a Bondi Beach, Sydney, in cui hanno trovato la morte dodici persone e decine di altre sono rimaste ferite per mano di due terroristi.

Chorev, qual è la sua opinione in merito all’attentato terroristico a Sydney?
«L’attacco è chiaramente il risultato della terribile ondata di antisemitismo cresciuta negli ultimi due anni. Non voglio dire che l’antisemitismo fosse assente prima del 7 ottobre, ma che l’assalto di Hamas ha segnato un’evidente linea di demarcazione. Ciò che intendo dire è che, nelle manifestazioni in strada e nelle università, in molti hanno appoggiato Hamas: il termine utilizzato, “genocidio”, è valso come la legittimazione, per loro, di esprimere apertamente il proprio antisemitismo, ed è qualcosa che possiamo riscontrare dappertutto. È come se si fossero detti: “non ci sono mai piaciuti gli ebrei, ma dopo il 7 ottobre possiamo dichiararlo senza riserve”. Ciò vale anche per altri aspetti della faccenda».

Cosa intende?
«Oggi sono venute allo scoperto molte cose riguardo la cosiddetta carestia, di certo più di alcuni mesi fa. Sappiamo che Hamas avesse tutto l’interesse a fare apparire la situazione in un certo modo, continuando a utilizzare la sofferenza dei civili per aumentare la pressione su Israele, un metodo che conosciamo da molti anni. E tutte queste suggestioni non fanno altro che accrescere le motivazioni di potenziali terroristi, tra cui si annoverano gli autori dell’attacco dell’altro giorno a Sydney, le cui vittime non erano soldati o funzionario israeliani, ma semplici civili ebrei che celebravano la festa di Hanukkah».

Pensa si tratti dell’iniziativa di lupi solitari o potrebbe essere stata manovrata e organizzata da gruppi radicali?
«Questo attacco sembra recare il marchio del “lupo solitario”. Ad ogni modo, per diversi mesi il Mossad ha avvisato come, in diverse zone dell’Australia, vi fosse il rischio di attentati incoraggiati dall’Iran e da Hamas. Gli attentatori, inoltre, hanno utilizzato sei pistole, di cui era permesso loro il possesso, per uccidere le loro vittime. Bisognerebbe discutere sull’opportunità di permettere il possesso di armi a pericolosi estremisti. Tuttavia, non è ancora acclarato se la loro azione possa essere direttamente connessa con l’Iran».

Il premier israeliano Netanyahu ha dichiarato che l’Australia “ha gettato benzina sul fuoco dell’antisemitismo” anche prima dell’attacco di Sydney. Concorda?
«L’Australia non ha fatto abbastanza per fermare l’antisemitismo nel proprio Paese. Abbiamo assistito a molti attacchi contro gli ebrei e il governo australiano non si è speso seriamente nell’affrontare il problema. Non si tratta delle dichiarazioni a supporto della causa palestinese, ma dell’assenza di misure concrete volte a fronteggiare la diffusione dell’antisemitismo. A mio avviso, invece, le forze di polizia di altri Paesi – come Italia e Germania – si stanno muovendo, al riguardo, nella maniera corretta. Il premier Anthony Albanese aveva dichiarato che il problema dell’antisemitismo è sotto controllo, ma non lo è, e le azioni del suo governo in tale ottica si sono rivelate totalmente fallimentari».

La preoccupano le ondate di antisemitismo che si stanno diffondendo in diverse parti del mondo?
«Come dicevo prima, sono particolarmente preoccupato dal fatto che molti antisemiti si sentano ora autorizzati a dare piena voce, alla luce del sole, al proprio antisemitismo. Sono profondamente allarmato dagli effetti dei messaggi veicolati dai social media e dalle fake news. Penso che sia molto difficile, per un piccolo Paese come Israele, dover fare i conti con tutto questo, quando la narrazione del genocidio e della carestia indotta è diffusa in modo così pervasivo. Gli ebrei stanno diventando il capro espiatorio per ogni genere di problema. Ritengo che tale questione debba essere affrontata in maniera seria da qualsiasi governo di qualsiasi Paese».