Volodomyr e i 48 orfani bloccati a Kherson: “Viviamo sotto terra e non riusciamo a fuggire”

Children pose for a photographer in the bomb shelter in Mariupol, Ukraine, Sunday, March 6, 2022. (AP Photo/Evgeniy Maloletka)

Sono 200 i bambini ucraini rimasti uccisi dall’inizio dell’invasione russa, 360 sono stati feriti. Lo riferisce il commissario per i diritti umani del Parlamento ucraino Liudmyla Denisova su Facebook, citata da Ukrinform. Un dramma nel dramma quello che stanno vivendo tanti bambini e tra questi ci sono anche centinaia di orfani. Quelli che la guerra la stanno vivendo da soli, senza mamma e papà. Quelli che possono contare solo sull’aiuto e la protezione degli operatori degli orfanotrofi in cui vivono il dramma di sentire il rumore delle bombe a pochi metri senza poter fuggire.

Un dramma che stanno vivendo anche 48 piccoli orfani bloccati a Kherson. A riportare la loro storia è il Corriere della Sera che racconta quegli attimi di paura all’interno delle mura dell’orfanotrofio dove i piccoli corrono smarriti cercando di sfuggire alla paura e dove il loro “papà” Volodomyr Sagaydak, 60 anni, il direttore dell’orfanotrofio, incrocia i loro occhi cercando di dare loro un briciolo di conforto. Da giorni chiede aiuto per salvare i suoi bambini, tutti tra i 3 e i 17 anni. La città è sotto il controllo delle truppe russe e da quando sono arrivati i soldati di Putin non c’è stato verso di organizzare l’evacuazione di quelle giovani vite. Non si riesce a trovare un accordo per mettere tutti su un bus e farli andare verso Ovest.

E intanto Volodomyr sta chiuso nella struttura e sente cadere le bombe anche molto vicine. Il 28 marzo un razzo precipitò a quattro metri dall’area giochi distruggendo un edificio lì accanto. L’esplosione mandò in frantumi le finestre e fece scattare il panico tra i piccoli. A questo si aggiunge la difficoltà di trovare cibo e tutto ciò che serve. Riescono a sopravvivere solo grazie all’aiuto dei volontari quando i russi li lasciano passare. Questo vale anche per il personale, spesso bloccato al checkpoint e che quindi non può raggiungere i bambini. Prima della guerra si prendevano cura di tutti loro in 19, adesso sono in nove.

“E se quel giorno il missile avesse colpito noi? – si chiede angosciato Volodomyr – Io cerco di tenere tutti tranquilli ma è difficile quando si sentono i rumori dei bombardamenti. Questa settimana ogni giorno mi hanno promesso che il giorno dopo sarebbe stato quello buono: domani, domani, domani e però siamo ancora qui. I volontari sono pronti ad aiutarci ma prima dobbiamo arrivare a Lviv. E come ci arrivo io a Lviv se non ho delle garanzie? Sono 48! Non voglio metterli su un pullman o sulle macchine e rischiare le loro vite”. E intanto le giornate passano tra piccole distrazioni rinchiusi nella struttura tappata con coperte e cartoni.

La situazione è talmente complicata che Lyudmila Denisova, Commissaria per i diritti umani del parlamento di Kiev, giovedì sera ha lanciato un appello alla Croce Rossa internazionale perché prenda “tutte le misure possibili per aprire un corridoio umanitario sicuro ed evacuare i piccoli dell’orfanotrofio”. Quei bambini, dice, “vivono nei seminterrati da molto tempo, sono tenuti in ostaggio dagli occupanti russi in violazione di tutti i diritti garantiti dalle convenzioni internazionali”.