Yevhen Lavrenchuk, il regista arrestato da Putin si racconta: “Ora voglio aiutare i miei fratelli ucraini”

«Mi sento bene, ancor di più quando sono passato dal carcere agli arresti domiciliari. Dopo il carcere mi sono sentito davvero libero. Non era una libertà nel diritto, ma ero libero mentalmente, una sorta di senso di pace interiore. Come dicono gli italiani “sono nato in strada”. Il mio prossimo passo sarà ottenere la libertà. I miei avvocati, che ringrazio e che si sono molto impegnati per il mio caso, mi hanno detto che abbiamo una grande possibilità di vincere». A poche ore dalla decisione della Corte d’appello di Napoli si respingere la richiesta della Federazione russa e negare l’estradizione, Yevhen Lavrenchuk, il regista teatrale ucraino considerato un oppositore di Putin e per questo finito all’attenzione dell’autorità russa, si racconta al Riformista. Inevitabilmente il pensiero va anche alla guerra in Ucraina.

«Sto lavorando a due progetti in Polonia e anche ad un’opera, ma non voglio svelare di più prima di firmare i contratti. Intanto – racconta Lavrenchuk – sono tornato al mio lavoro quotidiano, forse meno interessante, non artistico, sto provando ad aiutare i miei fratelli e sorelle dall’Ucraina e a preparare aiuti umanitari da inviare dall’Italia». Libertà e democrazia che valore hanno? «Sono la mia condizione principale per la felicità. Non ho bisogno di soldi né di essere famoso, ma di avere la libertà e la sensazione di vivere in una società democratica. E non parlo solo della mia libertà ma anche di quella degli altri, dei diritti delle altre persone. Sono l’alfa e l’omega per la felicità. Il mio lavoro è solo un avatar, è solo un volto della libertà. Io sono un liberalista. Per me la libertà di pensiero, la libertà di coscienza, è anche più importante di quella fisica. In carcere non sono stato male perché ho meditato, e una persona meditativa è la persona più libera possibile», afferma Lavrenchuk.

«La mia vita quotidiana – aggiunge – è la stessa degli arresti domiciliari. Non ho una grande azienda di cui parlare, non mi piace andare nei posti dove ci sono molte persone. Preferisco sedermi in una stanza e leggere un libro o lavorare a un’opera. Preferisco leggere la letteratura filosofica, la filosofia è come una palestra per la nostra mente, per il nostro respiro, e solo con una mente e con un cervello forti possiamo sentire la libertà. Senza la mente aperta una persona è povera». Yevhen Lavrenchuk è stato detenuto nel carcere di Poggioreale per un mese, dal 17 dicembre al 20 gennaio scorsi, fino al 3 marzo è stato agli arresti domiciliari e poi scarcerato. Ora è libero e sa che non sarà estradato in Russia come la Federazione russa avrebbe voluto. I giudici di Napoli hanno accolto la richiesta degli avvocati Alfonso Tatarano e Roman Semenyuk dicendo no all’estradizione, non solo per i pericoli legati alla guerra attualmente in atto in Ucraina ma anche per il rischio che Lavrenchuk possa essere perseguitato per le sue opinioni politiche anti-Putin. Una situazione che genera tensione e paura.

Lei ha paura? «Non ho avuto paura quando sono stato arrestato, non ho avuto paura quando ero in carcere – risponde Lavrenchuk -. Mi aveva fatto paura l’idea di non poter lavorare e che sarei stato in prigione per dieci anni come aveva suggerito il tribunale russo in caso di estradizione in Russia. Ovviamente avevo molta paura di non vedere la mia famiglia, le persone che amo, mia madre, mia sorella, mio nipote. E mi angosciava non poter essere utile alla società, al mio Paese e al mio pianeta. Penso che ognuno di noi abbia una missione sulla terra e anche io voglio fare qualcosa per me e per gli altri. Il non poterlo fare è la cosa peggiore che possa capitare».