Cinema
After Love, il film di Aleem Khan all’isola del cinema di Roma
La gente ha voglia di cinema, di cultura, dopo una reclusione forzata durata troppo a lungo non si desidera altro che tornare a vivere. Anche in questo sta il motivo del successo dell’Isola del Cinema di Roma, dove è stato proiettato tra gli altri -con un emozionante tutto esaurito- il film After Love del regista inglese di origini pakistane Aleem Khan.
Ti illudi, cambi vita per lui, ma poi capisci che non lo meritava, che tutto era costruito su un castello di menzogne. Cerchi sollievo nell’ascoltare le sue parole in un messaggio al telefonino, ti illudi che non sia morto, di poterlo ancora raggiungere. Questo è lo strazio di Mary -interpretata in modo assai credibile da Joanna Scanlan- che vive a Dover, sulla costa inglese del canale della Manica. Quello che alla vedova accade è scoprire, rovistando tra le carte del marito, la donna con la quale Ahmed ha avuto una relazione parallela per anni. Vive sulla costa francese della Manica Genevieve -interpretata da Nathalie Richard-, per la precisione a Calais, e continua a inviare messaggi al suo amante non sapendo che nessuno risponderà. E’ Mary a riceverli e così decide di attraversare lo stretto alla ricerca della verità.
Arriva davanti casa di Genevieve, non sa bene cosa dire, si era preparata mille discorsi che si dissolvono di fronte al biondo dei suoi capelli, al fisico slanciato, ad una figura tanto diversa da sé. Poi un fraintendimento e comincia a lavorare come governante per l’amante di suo marito, per sistemare un luogo che di lì a pochi giorni verrà abbandonato, per scoprire. Si guarda intorno, cerca tracce, indizi, conferme che non tardano ad arrivare. Quella più scioccante: Ahmed è il padre di Solomon, reso con delicatezza e ribellione dall’attore Talid Ariss. Mary inizia ad affezionarsi al ragazzo, gli prepara da mangiare, gli chiede se il padre gli abbia insegnato la lingua urdu, lo schiaffeggia quando dà della puttana alla madre dopo aver scoperto che ha avuto un flirt con un altro. Solomon crede infatti che la causa della distanza del padre vada ricercata nelle azioni di Genevieve.
Mary si è convertita all’Islam a quattordici anni per lui, ha perso la propria famiglia, e poi ha scoperto che Ahmed (interpretato da diversi attori nel corso della pellicola a seconda dell’età del personaggio: Nasser Memarzia, Jeff Mirza e Aaron Chawla) aveva una vita al di fuori dell’Islam. Genevieve invece si ritrova a piangerlo dopo la rivelazione di quella che per una vita ha considerato la sua rivale, la vincitrice che Ahmed non avrebbe mai lasciato. Lo strazio di due donne accomunate dal dolore, una che sapeva fin dall’inizio di non poter avere l’uomo che amava, l’altra che si era illusa di essere la sola per quel marito col quale non erano riusciti ad avere figli, se si esclude il bambino nato e morto subito dopo. Invece con l’amante un figlio lo ha avuto, e oggi è un adolescente che scopre che l’ultima assenza di un padre del quale ha sempre sentito la mancanza non ha scadenza.
Ci sono solo vittime in questo film, Mary che dopo aver perso il marito scopre la menzogna perpetrata per anni, Genevieve che si era convinta di poter accontentarsi delle briciole ma che ha sempre faticato a respirare, Solomon che non aveva mai capito perché il padre fosse tanto lontano, poco presente, ignorando la verità dalla quale la madre lo aveva protetto. L’unico colpevole è Ahmed che ha seminato menzogna e ipocrisia nel corso dell’esistenza e che probabilmente, per colpa della sua religione, non avrebbe mai accettato l’omosessualità del figlio. Ma il dolore unisce, essere stati vittime dello stesso uomo accomuna, così alla fine del film si forma una nuova famiglia, fondata sull’amore che è sopravvissuto alle fiamme ipocrite della menzogna.
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