E intanto resta aperto il nodo dei dipendenti della compagnia di bandiera
Ancora dubbi sul dossier Ita Airways. Arrivano altre grane in tribunale
Mentre Ryanair e altre compagnie private tagliano le rotte, a causa della scellerata azione di Adolfo Urss, che con logica sovietica vieta l’algoritmo che regola i prezzi dei biglietti, la compagnia di bandiera, Ita Airways, è ancora in perdita, e solo la cessione a una grande azienda, multinazionale, potrebbe salvarla.
“Lo stato sovrano non si piegherà al ricatto di Ryanair”, ha detto qualche giorno fa il ministro del made in Italy Adolfo Urss rispondendo al ceo della compagnia aerea low cost. E quindi migliaia di cittadini di quello stato restano a terra. E con le 8 tratte cancellate da Ryanair in Sardegna, e le sei in Sicilia, chi prima poteva andare da Bari ad Alghero, oggi semplicemente non può più. Perché se Ryanair lascia, Wizzair ed Easyjet fanno peggio.
Tutto perché Adolfo Urso con una logica da economia sovietica ha pensato di vietare l’algoritmo che consente alle compagnie di regolare i prezzi in base alla domanda, e quindi ai passeggeri di risparmiare. E ha fissato il prezzo massimo, facendo di conseguenza aumentare quelli medi. Ignorando una regola base del mercato che tutte le compagnie gli hanno ricordato: solo la concorrenza, e l’aumento dei voli, abbassa i prezzi. E invece col suo decreto, tutti li taglieranno.
E non c’è più una compagnia di bandiera che può sostituirsi. E menomale, verrebbe da dire, perché “pubbliche” ci costerebbero ancora di più. E infatti Ita – che per il momento compagnia di bandiera è – ha appena cancellato un volo Brindisi Roma, perché non ce la fa. E mentre le imprese protestano, l’onorevole Mauro D’Attis, di Forza Italia, ha annunciato una interrogazione al governo.
Ita è ancora in perdita, e solo la cessione a una grande azienda, multinazionale, potrebbe salvarla. Si è convinta anche Giorgia Meloni, che ha consentito l’operazione. Ma ancora non c’è stato il closing. Per questa ragione il premier ha ripreso pubblicamente il commissario europeo Gentiloni. Ma l’iter sul dossier a Bruxelles è avviato, e non risultano ritardi.
Altri sono i dubbi che lo mettono a rischio. Su tutti la magistratura italiana. Nel passaggio tra Alitalia e Ita ci sono almeno 5 mila lavoratori rimasti in cassa integrazione in amministrazione straordinaria. Perché la base per la cessione è stata quella della “discontinuità”. Nonostante il contratto tra bad e best company fosse rimasto segreto. Da allora i sindacati hanno intrapreso una serie di ricorsi per il reintegro. In ben 34 casi il tribunale ha dato ragione all’azienda, respingendo la riassunzione di 775 lavoratori. In altri 3 casi però ha dato ragione ai sindacati, per 246 dipendenti.
Inoltre l’ultima sentenza di due giorni fa della corte d’appello ha stabilito che il contratto di cessione da Alitalia ad Ita non può essere tenuto segreto, come le due compagnie e il governo avevano fatto finora. E questa decisione, oltre che per Alitalia, è importante anche per Ilva, dato che anche in quel caso il contratto come i relativi accordi parasociali di marzo 2020 sono stati tenuti segreti dal governo Conte.
E infatti Urso ha detto che se il parlamento glieli chiede, deve pubblicarli. La pubblicazione del contratto ha svelato che trattasi di cessione di ramo da Alitalia a Ita, e quindi di continuità aziendale. Per cui i dipendenti devono essere riassunti. Nonostante molti preferiscano percepire la cassa integrazione straordinaria, che prevede salario più alto di quello attualmente percepito dai dipendenti Ita. Sapendo che sarà straordinaria a vita, dato che nessun governo gliela toglierà mai. E infatti anche il governo Meloni col decreto Asset l’ha appena rinnovata fino al 2024.
Ma tra i guai principali che hanno portato Alitalia al fallimento c’è proprio il numero spropositato di dipendenti che ha dovuto assumere inutilmente al pari delle tratte da garantire anche viaggiando a vuoto. Ossia le richieste della politica, frutto di una gestione pubblica. Questo fino agli ultimi aiuti di stato, 2017 e 2019, per 1 miliardi e tre, che l’unione europea ha dichiarato illegittimi. E che i contribuenti italiani non riavranno mai più, essendo Alitalia fallita. Ora c’è Ita. Che se pur piccola, macina perdite. Ma quale compagnia privata la prenderebbe mai, se dovesse continuare a sottostare a queste regole di ingaggio, oltre che ai tribunali italiani?
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