Il costo della vita schizza alle stelle, con aumenti indiscriminati, ma i salari degli italiani  restano i più bassi d’Europa. E il governo, invece di rivolgere lo sguardo a chi è in difficoltà, come aveva promesso di fare sin dal suo insediamento, privilegia i ricchi con una serie di discutibili provvedimenti finanziari. Si tratta di aumenti che andranno a colpire le famiglie divaricando sempre di più quella forbice sociale, che in Italia, isola le fasce deboli. E al sud andrà ancora peggio. E’ questo l’effetto dei provvedimenti di un governo, quello di destra destra della Meloni, solidale con i ricchi e molto meno con le fasce più deboli, ormai sempre più a rischio povertà ed esclusione sociale.

Un 2023 che si annuncia duro per le famiglie che già si sono svegliate nel nuovo anno con il caro carburanti, un’inflazione ai massimi storici, strette nella morsa di una progressiva perdita del potere d’acquisto. Un regalo del governo Meloni, che non ha rinnovato il taglio delle accise varato dal governo Draghi per contenere i costi energetici. Tagli che pure erano stati un cavallo di battaglia durante la campagna elettorale di Fratelli d’Italia, ma soprattutto della Lega di Salvini. Solo promesse. E così, alla prova dei fatti, il governo-Pinocchio fa trovare nella calza degli italiani l’aumento del prezzo dei pedaggi autostradali – circa il due percento al quale quest’estate si aggiungerà un ulteriore aumento dell’1,34%. E poi aumento delle assicurazioni, in particolare per le auto, degli affitti e dei mutui. Insomma costi più alti per nulla compensati dal promesso aumento delle pensioni o appunto degli stipendi.

In più c’è l’altra partita, quella sulle autonomie, che rischia di dividere in due l’Italia. Un pericolo che bisogna scongiurare in un Paese che già ridistribuisce male le risorse centrali. A dirlo sono i dati dell’Agenzia per la coesione territoriale e anche della Banca d’Italia, che pure utilizza criteri di valutazione più restrittivi rispetto all’Agenzia. Previsioni che ci preoccupano non poco e che rischiano di sfilacciare intere aree del Paese: non solo tra Nord e Sud, ma anche tra città e aree interne e tra città e sue periferie. Su sanità, scuola e infrastrutture è necessario ridurre i divari, che, nel contesto europeo, solo in Italia risultano così elevati all’interno di uno stesso Paese. E infine c’è la grande farsa sul dossier Covid.

La necessità cioè di tenere la pandemia fuori dal dibattito politico, per strizzare l’occhio all’elettorato no vax, alimentando una narrazione per la quale il peggio era alle spalle e ora va tutto bene. I fatti dicono altro: il Covid continua a fare paura e da parte del Governo non c’è alcuna spinta alle vaccinazione e all’utilizzo di strumenti di prevenzione. Addirittura è stato disattivato il numero telefonico che consentiva alle persone di informarsi sull’andamento della pandemia. Una scelta che ha ottenuto il risultato di aver sbattuto la porta in faccia a oltre 500 operatori, che si sono ritrovati, ancora una volta, dalla sera alla mattina senza lavoro. E questo, per un Governo serio, non è certo il momento di ridurre i servizi se si vuole evitare il rischio, sempre più alle porte, di pagare il costo altissimo delle tensioni e dei conflitti sociali.