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Addirittura il Papa smentisce Zanatta ed epigoni, mica male!

Giornalista e saggista
Addirittura il Papa smentisce Zanatta ed epigoni, mica male!

Cari Lettori e Lettrici, vi ricordata la tesi di Loris Zanatta, docente a Bologna e molto conosciuto in America Latina? La tesi in sintesi è: Bergoglio è populista, sulla scia dei peronisti e con agganci nei populismi latinoamericani dal Venezuela a Cuba (chissà perché?)  e nella teologia della liberazione. Ma soprattutto quali sono le radici remote del populismo bergogliano? Affondano, niente di meno, che nelle esperienze dei gesuiti, soprattutto le “Riduzioni” nel Paraguay del Settecento, l’esperimento di evangelizzazione e promozione umana (ed economica) degli indios Guaranì.

Tesi che ho smontato, nonostante Zanatta si offenda e continui a sostenerla ovunque.

Però forse la parola “fine” (anche se sono scettico perché questi professori ideologici non la finiscono mai) ora sta arrivando. Con Papa Francesco stesso e con un libro.

Papa Francesco nel volo di ritorno dalla Grecia ha parlato di populismo e di “popolarismo”, la stessa differenza che passa tra la mitologia dell’uomo forte dal potere carismatico osannato come salvatore, ai valori culturali, sociali, economici di una popolazione. Una differenza abissale, dunque, allegramente ignorata dalle tesi precostituite. Chi abbia voglia di capire dal di dentro la differenza tra “populismo” e “popolarismo” può leggere qui.

E la trova nelle parole del Papa sull’aereo. Ecco cosa ha detto: “Contro la democrazia io oggi forse vedo due pericoli. Uno è quello dei populismi, che sono qui, di là, di là, e incominciano a far vedere le unghie. E io penso a un grande populismo del secolo scorso: il nazismo. Il nazismo è stato un populismo che, difendendo i valori nazionali – così diceva – è riuscito ad annientare la vita democratica, anzi, con la morte della gente, ad annientare, a diventare una dittatura cruenta. Oggi dirò – perché tu hai domandato sui governi di destra – di stare attenti che i governi – non dico i governi di destra e sinistra, ma un’altra cosa –: che i governi non scivolino su questa strada dei populismi, dei cosiddetti politicamente “populismi”. Che non hanno niente a che vedere con i popolarismi, che sono l’espressione dei popoli, libera: il popolo che si fa vedere con la propria identità, con il suo folclore, i suoi valori, la sua arte, e si mantiene. Il populismo è una cosa, il popolarismo un’altra. Da un’altra parte la democrazia si indebolisce, entra in una strada di lento declino, quando si sacrificano i valori nazionali, si annacquano andando verso – diciamo una parola brutta, non vorrei dire questa ma non trovo un’altra – verso un “impero”, una specie di governo sopranazionale. E questa è una cosa che ci deve far pensare. Né cadere nei populismi, dove ci si appella al popolo, ma non è il popolo, è la dittatura proprio di noi e noi altri – pensa al nazismo –; né cadere in un annacquare le proprie identità in un governo internazionale. (…) Indebolimento della democrazia, sì, per il pericolo dei populismi – che non sono il popolarismo, questo è bello –, e il pericolo di questi riferimenti a potenze internazionali: riferimenti economici, culturali, quello che sia. Non so, è quello che mi viene in mente, io non sono uno scienziato della politica, parlo per quello che mi sembra.

Chiaro, no? Quello che Zanatta chiama il populismo di Bergoglio, semplicemente non esiste. Il Papa distingue nettamente tra populismo e “popolarismo”. Zanatta farà mai ammenda? Certamente mai. Ma dallo stesso Papa arriva la stoccata finale.

A cui si aggiunge un libro sulle “riduzioni” del Paraguay di Gianpaolo Romanato (questa volta un vero storico). Le “riduzioni” sono state un esperimento di vita comunitaria su base religiosa, come lo storico Romanato documenta, con documenti originali alla mano e Paolo Mieli sottoscrive sul Corriere della Sera del 7 dicembre: “Tutto si svolse nell’arco di centocinquant’anni, tra l’inizio del Seicento e la seconda metà del secolo successivo. Le Riduzioni si estendevano su un territorio vasto situato tra gli attuali Stati del Paraguay, dell’Argentina e del Brasile. Furono, nella controversa storia delle colonizzazioni, qualcosa di insolito in cui la missione d’impronta spirituale e dal forte tratto comunitario ebbe la prevalenza su ogni altra. Ai gesuiti, alla metà del Settecento, fu poi mossa l’accusa di essersi ritagliati quel territorio per esercitare su di esso «una giurisdizione indipendente e priva di controlli», allo scopo di «accumulare enormi ricchezze ad esclusivo beneficio della Compagnia». Ma le cose non stavano così. Nel 1767 i gesuiti furono espulsi e quell’esperienza unica nella storia ebbe termine”.

Ma non terminarono le calunnie verso la Compagnia di Gesù, come Zanatta testimonia, avendo precostituito la tesi del populismo gesuita che comincia dalle Riduzioni e arriva fino a Bergoglio, per il momento. Perché le tesi costruite a tavolino per screditare questo pontificato e le sue novità, certamente non termineranno qui. Ma intanto a Zanatta è stato messo un freno. Non basterà, però meglio di niente.

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