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Draghi e le verità scomode

Giornalista e Docente
Draghi e le verità scomode

Dimmi cosa, come, quando e dove  e ti dirò chi sei.  Sta qui tutta la differenza “politica” tra Mario Draghi e il resto del panorama politico italiano che – usando un eufemismo – si è da anni convinto stupidamente di poter governare senza farlo, di dire cose senza un appiglio con la realtà, di fare teoria senza pratica,   di pontificare in campagna elettorale per poi scappare di fronte alle decisioni anche impopolari. Tutto questa sceneggiata non regge più.  Io personalmente non amo le agiografie, le incensazioni di facciata anzi partirei da una provocazione.

In un paese normale con politici responsabili (di destra, di sinistra o di centro, vedete voi…) un Mario Draghi non starebbe al governo ma avremmo – passatemi la battuta – tanti Draghi di diverso colore. Ovvero leader con la loro identità di vedute ma indistinguibili per valori comuni, scelte di campo inequivocabili, orizzonti inclusivi.  Invece nel nostro paese votiamo incapaci, poi ci arrabbiamo ma lasciamo fare il lavoro sporco al “tecnico” salvo poi scaricarlo per decimali di voti, per un pungo di consensi effimeri. E quindi dove sta il discrimine, la sottile linea rossa da non attraversare? Quella che abbandona la demagogia, lo slogan cazzaro e ti sbatte in faccia la verità. Laddove con questo termine indichiamo non qualcosa di metafisico, di trascendente e dogmatico ma verità in politica vuol dire un fatto e non la somma delle opinioni pur legittime.

Ecco Mario Draghi –  in questo senso –  è filosoficamente un parmenideo ovvero certifica brutalmente  l’essere delle cose e – per converso – ci dice che quel che non è non può essere.  E soprattutto in politica non si da.  Qualche esempio: se si decanta la cosiddetta pace fiscale ma poi mancano in cassa  1000 miliardi di crediti verso il fisco, come pagare il welfare senza tasse ? Chiedetelo a Salvini e non a Draghi. Oppure perchè mai combattere per ottenere il PNRR vantandosene in tutti i luoghi e in tutti i laghi se poi non si determinano le scelte operative votando i decreti attuativi successivi? Chiedetelo a Conte e non a Draghi. Non ci si può scandalizzare se sindaci, sindacati, categorie produttive e associazioni chiedono di continuare l’azione di governo se non si comprende che l’agenda di governo di unità nazionale è tale perchè trasversale agli interessi particolari. Su questo chiedetelo alla Meloni e non a Draghi.

Tutto questo per dire la differenza tra un colore e l’arcobaleno, tra le parti (legittime) e il tutto. Sappiamo che un tutto richiede alla parti di “cedere” qualcosa (e spesso invita a cedere tanto) ma ricordiamoci che tanto è stato detto agli italiani con i risultati disastrosi osservabili a occhio nudo.

L’attuale premier si è limitato a certificare i fatti offrendo un’agenda, forse la più pragmatica possibile non fosse altro che questo programma riformista di transizione e di fine legislatura scontenta i populisti. Quindi, è l’assunzione di quest’agenda il dato politico più importante di oggi al di là di come finirà. 

Poi possiamo tornare al festival delle opinioni ma quantomeno sappiamo che a quel punto ci teniamo uno scenario di disastro  bifronte chiamato Conte e Salvini

Ripeto: il giorno in cui non governerà un tecnico nel nostro paese vorrà dire che abbiamo politici più inclini alla serietà del tempo presente. Mi permetto un’evocazione cinematografica detta senza ironia.

Questo momento politico così decisivo mi ricorda le parole della  Maddalena che nel capolavoro di Franco Zeffirelli ha il volto meraviglioso di Anne Bancroft. Quando, testimone privilegiata ma inizialmente non creduta, disse più o meno così “io ve l’ho detto, adesso fate voi

L’agenda delle verità scomode oppure tarallucci e urne? Vedremo