Ieri sera, immersa nella splendida cornice pugliese del castello di Massafra, insieme al Senatore Dem Tommaso Cerno e Luca Palamara, abbiamo parlato di giustizia. Di mala giustizia.
Al centro del dibattito i libri “verità “ dove Alessandro Sallusti riporta in calce le confessioni di Palamara: “Il Sistema” e “Lobby&Logge”. Il primo uscì nel Gennaio del 2021 e divenne subito il caso editoriale e politico dell’anno. Avviò una reazione a catena di dimissioni, ricorsi e sentenze che non fecero altro che confermare i racconti riportati in quelle scottanti pagine. La magistratura non era più intoccabile.
Quello che ha in seno Palamara non può essere riassunto in un solo libro e allora ecco che nel Gennaio del 2022 esce “Lobby&Logge”. Duecento cinquanta pagine dove l’ex magistrato e il Direttore di Libero affrontano i misteri oscuri del “dark web”del Sistema, la ragnatela oscura che da sempre avviluppa imprenditori, faccendieri, politici, alti funzionari statali, uomini delle forze dell’ordine e dei servizi segreti, giornalisti e magistrati. Esaurito il dibattito è salita sul palco una persona la cui storia mi ha toccato l’anima.
Si sente spesso parlare di errori giudiziari, ma difficilmente ci si trova a guardare negli occhi chi ha subito un’ingiustizia di quelle che squartano l’anima. Lui è Giorgio Magliocca. Di quegli uomini dotati di una tale purezza negli occhi da ritenere impensabile che qualcuno possa avere anche solo per un attimo dubitato della sua persona. Con una dignità tipica delle persone veramente per bene, ci ha fatto vivere il suo incubo durato più di undici mesi.
Il sindaco di Pignataro Maggiore nonché Presidente della provincia di Caserta, alle quattro di mattino del 4 Ottobre 2011 venne arrestato con una accusa gravissima: concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo un collaboratore di giustizia, alla vigilia delle comunali del 2006, Magliocca aveva incontrato un boss. Già consigliere provinciale di Caserta e consulente del Ministro delle comunicazioni Mario Landolfi, nel 2011 Magliocca faceva parte anche dello staff di Gianni Alemanno, sindaco di Roma, di cui era considerato il delfino.
Secondo l’inchiesta che lo portò in carcere nel 2011, Magliocca aveva siglato un patto politico-mafioso per gestire i beni confiscati in cambio di voti dai clan. Le accuse al politico erano tutte basate sulle dichiarazioni di un pentito del clan Ligato, una cosca vicina ai Casalesi. Dinanzi ai pm della Direzione distrettuale antimafia, il pentito sostenne di aver saputo di un presunto colloquio riservato, a cena, tra il politico e il boss della zona, appena pochi giorni prima delle comunali del maggio 2006.
Queste accuse (del tutto infondate) segnarono per Magliocca l’inizio di un incubo. Complessivamente ha subito 315 giorni di detenzione, tra il carcere e i domiciliari. È nel 2013 che arriva la sentenza di primo grado per Magliocca: assoluzione “perché il fatto non sussiste”. Non sussiste perché il pentito con cui Magliocca si sarebbe “incontrato” nel periodo riferito dal pentito millantatore si trovava nel 41 bis. Ci volle quasi un anno, ed è questo forse l’aspetto ancora più grave della vicenda, per accertare che quel malavitoso, all’epoca del presunto incontro a cena, era detenuto. Un risarcimento di 90 mila euro che non sono riuscite a coprire neppure le spese legali sostenute da Magliocca.
Questo il valore di una vita segnata per sempre? Voglio chiudere questo racconto con le parole che mi ha scritto lo stesso Magliocca quando gli ho detto che a lui avrei dedicato questo pezzo:
“È stata una fase drammatica della mia vita che mi ha cambiato per sempre. Non sono arrabbiato, nè deluso perché, in fondo, grazie alla mia caparbietà e alla fiducia della mia famiglia, sono riuscito a riportarla dove meritava che fosse. Oggi però sento un’ulteriore tensione. Vorrei fare qualcosa per sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica sulla necessità di migliorare le regole del nostro sistema giuridico per evitare nuovi casi di ingiustizia o mala giustizia.”
© Riproduzione riservata