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Kamala Harris al posto di Biden. E vedremo se tutto cambia

Giornalista e Docente - Milano
Kamala Harris al posto di Biden. E vedremo se tutto cambia

Vedremo se sarà un contrappasso che finirà in un sorpasso ma di certo il “drops-out” di Biden a favore di Kamala Harris cestina in un attimo il tema geriatrico nella corsa alla Casa Bianca. Anzi, lo ribalta a favore dei democratici, che lasciano adesso il cerino anzi il boccino (della bocciofila appunto) ai repubblicani che si presentano con il più anziano candidato dello loro storia politica. Chi ha orecchi incerottati da intendere, intenda.

E se a posteriori dovessimo scoprire  che sia stato proprio Biden ad aver calcolato questa inversione narrativa (e non è un’ipotesi implausibile), allora dobbiamo considerare il vecchio Joe come un martire e un genio della politica americana contemporanea. Martire perché – come scrive il Foglio – ha anteposto gli USA a se stesso, un comportamento introvabile nell’epoca delle democrature illiberali. L’essersi immolato, infatti, per amore della democrazia, caricando su di sé la questione dell’ingravescentem aetatem, fa di lui un padre degli americani e, pur drammaticamente, un genio politico nel cambio di storytelling. E’ stato un presidente tenace, eletto fuori tempo massimo e mortificato nei suoi unforced errors probabilmente oltre il dovuto. E tuttavia si è realizzato il suo desiderio di essere un “ponte” fra generazioni politiche con il passaggio di testimone alla Harris il cui compito è quello di ribaltare sondaggi, gradimenti e consenso nelle urne.

Sta di fatto che Donald Trump dovrà prendersi interi blister di integratori al fosforo, utili sia per la lucidità cognitiva che per il rinfoltimento della chioma biondo-magnate. Sembrano battute facili invece è tutto maledettamente serio la perspicuità del tycoon da qui al giorno delle presidenziali poiché avrà bisogno di convincere gli americani per tanti motivi, e ne ricordo almeno due: dovrà veicolare un programma di governo meno stupido e cazzaro, più aderente alle interdipendenze geopolitiche attuali; e dovrà frenare (anche se ne dubito) la sua palese e fastidiosa misoginia, che, mixata al machismo patriarcale, fa di lui un essere ontologicamente detestabile.

Kamala Harris, certo, non è un’icona di simpatia: finora ha vissuto nel cono d’ombra dei “vice”, come quelle medaglie d’argento di cui poi nessuno si ricorda i nomi. Ora che si trova on-stage potrebbe offrire una nuova presenza dei democratici, meno scontata e buonista, più law and order e  portatrici di soluzioni non pettinate anche sui temi dell’immigrazione, con politiche più pragmatiche in economia e nella lotta all’inflazione, ma soprattutto con una postura meno attendista  negli scenari internazionali.

Un primo risultato di queste ore è l’andata al macero di una campagna repubblicana che, avendo scommesso sul rincoglionimento di Biden, aveva predisposto spot televisivi, manifesti e comizi di sfottò oggi inutili.

Per Trump rimane ancora uno scampolo di misticismo messianico, ma se Kamala ingrana la marcia allora i giochi si riaprono con esiti tutt’altro che scontati.

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