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Molestie sessuali nei luoghi di lavoro: i numeri dell’Istat

Avvocato e Presidente "Consiglio per la Parità di Genere"
Molestie sessuali nei luoghi di lavoro: i numeri dell’Istat

Sono circa 2,322 milioni le persone tra i 15 e i 70 anni che hanno subito una forma di molestia a sfondo sessuale sul lavoro nel corso della vita, di cui l’81,6% donne, pari a circa 1 milione 895mila. E’ la fotografia impietosa dell’Istat che ha svolto un’indagine sulla sicurezza dei cittadini, anni 2022-2023. Tra le donne poi, le molestie sul lavoro colpiscono prevalentemente le giovani: il 21,2% nella fascia di età compresa tra i 15 e i 24anni, contro il 4,8% dei coetanei uomini a cui si somma il dato che gli artefici della molestia per le lavoratrici siano esclusivamente gli uomini mentre, per gli uomini, donne e uomini.

Cosa significa e comporta tutto questo?

Andiamo per ordine. La sessualizzazione della donna (ovvero quel fenomeno per cui viene decifrata per il suo appeal sessuale) è cosa nota. Tramandata da quando la donna aveva esclusivamente un compito di riproduttivo e di cura familiare, la donna passava dall’essere considerata dapprima oggetto di piacere maschile ad angelo del focolare dopo il matrimonio, santa immacolata nelle mura familiari. Con l’industrializzazione e il boom economico la cifra ha subito una modernizzazione ma così lenta che, oggigiorno dopo quasi mezzo secolo, ancora aleggia nei pesi culturali italiani.

Tra l’altro il contemporaneo sdoganamento dell’immagine femminile fatta sui social o sui diffusi siti del soft-porn (vedi onlyfans), certo non aiuta la causa che non è del tutto ascrivibile alla prevaricazione maschile ma anche a molte donne che, nella scelta libera di comunicarsi oggetto sessuale, frammentano di fatto un fronte comune.

Non sorprendono dunque i risultati dell’Istat.

Sorprende invece che non sia largamente nota la corresponsabilità del datore di lavoro (ove l’autore della molestia sia un terzo): con la legge del 15 gennaio 2021 n. 4, le violenze e le molestie sessuali sono entrate a far parte del noto documento DVR del datore di lavoro e del suo rspp. Una legge che in sostanza ha ratificato e reso esecutiva la Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del lavoro (OIL) n. 190 sull’eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro (adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 nel corso della 108° sessione della Conferenza generale della medesima Organizzazione).

Il datore di lavoro, pubblico o privato che sia, quindi, deve occuparsi, sovrintendere e disciplinare i casi di rischi (compresi quelli “di genere”) che minano la salute e il benessere nella sua impresa ove non basta l’asettica adozione documentale ma deve ora mettere in atto sistemi di fattiva vigilanza ed adozione di significative conseguenze.

Che nel biennio 2022 – 2023 ci siano state quasi due milioni di donne molestate comporta una responsabilità diffusa non solo morale, ma anche quale inadempimento ad un onere preciso che è giusto sia rilevato come tale e sanzionato dall’Ispettorato del Lavoro in primis e dal Giudice del Lavoro, se adito, poi (in aggiunta al tracciato penale).

Un’intesa tra il datore di lavoro e il lavoratore (anzi lavoratrice data l’enorme percentuale di casi al femminile) che dovrebbe stringersi non solo per proteggerlo ma anche per far fronte comune contro atti o fatti disgustosi e illegittimi che hanno l’effetto non solo di vessare individualmente la persona ma anche di inquinare il benessere collettivo dell’ambiente di lavoro e conseguentemente la sua produttività.

Se la rilevazione Istat scopre i casi rilevati, è anche vero che non è più tempo (solo) di numeri e il passo successivo deve essere quello di chiedersi, su oltre 2 milioni di molestati, quanti abbiano proceduto alla denuncia, in primis alla Procura e alla Consigliera di Parità (quest’ultima quale Autorità pubblica indicata dal Dlvo 198/2006 contro le molestie sessuali), e quanti (e quali) azioni abbiano messo in atto i datori di lavoro.

In altre parole solo l’approfondimento del prosieguo potrà mostrare se esista o meno fiducia nel sistema di controllo oppure se tutta la struttura pubblica e normativa è ridotta a magro paravento ove le molestie sessuali (ovvero il più grave reato di discriminazione di genere) siano ancora un tabù, nel silenzio generale, a peso esclusivo della vittima.

Anna Limpido

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