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Nucleare? Fondamentale nel mix energetico per velocizzare la transizione verso la Carbon Neutrality

Esperto di politiche energetiche e sviluppo commerciale
Nucleare? Fondamentale nel mix energetico per velocizzare la transizione verso la Carbon Neutrality

Si parla oggi moltissimo di crisi energetica solo per un motivo: se ne è parlato troppo poco – e male – negli ultimi 40 anni. Dai tempi del referendum sul nucleare del 1987, ma ancor prima con la creazione delle lobby antinucleariste, l’ondata populista (sì, fu un esempio evidente dei danni che il populismo avrebbe potuto portare al paese) si abbatté sulle politiche energetiche dell’Italia, condizionando le scelte dei governanti e di fatto trasformandoci nell’unica grande nazione al mondo ad aver abbandonato del tutto l’energia nucleare. Ma se l’attuale crisi energetica, senza controllo né soluzione di continuità nel breve periodo, ci permette di riaprire porte che solo scelte miopi e mancata conoscenza avevano chiuso, ben venga, ma facciamoci trovare pronti tecnicamente, comunicativamente e politicamente.

Ora, nel periodo storico in cui stiamo finalmente abbattendo il muro del populismo, con la sparizione di quei partiti che hanno contribuito ad alimentare l’antimeritocrazia, l’anticompetenza, la cultura dai social e l’uno vale uno per svariati lustri, è ora che il Paese torni a ragionare di progresso e riforme strutturali che eviteranno in futuro di subire in maniera così deflagrante una nuova crisi energetica nazionale e internazionale. Inserire il nucleare nel mix energetico italiano significa in contemporanea rendersi meno dipendenti dai mercati esteri, favorire in maniera decisa la transizione energetica e la sostenibilità ambientale senza le intermittenze del rinnovabile e permettere di efficientare i grandi siti industriali italiani con positivo impatto diretto su ambiente, cittadini, imprese e lavoratori. Tutti i temi sbandierati ed edulcorati dalla retorica populista sono stati di volta in volta sconfessati dalla scienza stessa. La scienza non è democratica e sul nucleare ha dato il meglio di sé.

E ma le scorie? Intanto sarebbe più accurato chiamarli rifiuti. Si tratta di rifiuti esausti di una centrale elettrica, come ve ne sono enormi volumi in una qualsiasi centrale termoelettrica. La radioattività che porta con sé una centrale nucleare può essere pericolosa solo se immessa senza controllo nell’ambiente. Già nelle centrali di seconda generazione, implementate all’ennesima potenza con la terza generazione, vengono fortemente ridotti nei volumi e successivamente incapsulati in un sistema a cipolla che non permette alcuna fuoriuscita delle stesse, sia all’interno dell’area di centrale, sia nei depositi sotterranei creati per l’occasione. In tutta Europa gli Stati che oggi lavorano, e tanto, attraverso l’energia nucleare, stoccano i loro rifiuti nei depositi nazionali. L’Italia è soggetta a una sanzione, da anni, per non aver mai realizzato un deposito nazionale dei rifiuti nucleari. Sanzione che tra le altre cose, paghiamo attraverso le nostre tasse.

Sicurezza? Non esiste una centrale elettrica nel 2022 più sicura per l’uomo e per l’ambiente rispetto ad una centrale nucleare. Gli standard di sicurezza ingegneristicamente pensati per la stessa, sono di grado estremamente più elevato rispetto ad una qualsiasi centrale termoelettrica presente sul territorio nazionale. I pochi gravi incidenti nella storia del nucleare sono dovuti a mancanze ingegneristiche irripetibili. Basti pensare che a Chernobyl non era stato costruito il mantello protettivo del nucleo del reattore. Una centrale come quella, nonostante si trattasse di prima generazione, non sarebbe mai stata autorizzata, già ai tempi, in Europa. Oggi abbiamo la terza generazione e ci avviamo verso la quarta, con tutele e gradi di sicurezza tali per cui un qualsiasi missile – perdonatemi la licenza in un periodo così drammatico dovuto al conflitto in Ucraina – dovesse colpire una centrale nucleare, non provocherebbe alcuna fuoriuscita massiva di radiazioni, di fatto non superiori rispetto a quelle già presenti nell’aria che respiriamo quotidianamente, in dosi ovviamente non pericolose.

Ricordiamo inoltre che abbiamo almeno 5 centrali nucleari tra i 100 e i 300 chilometri in linea d’aria da Milano, ma in territorio straniero. Che paradosso! Durata dei lavori e autorizzazioni? Oggi in Italia potrebbero volerci 9/10 anni, soprattutto per meri fini burocratici e autorizzativi. Ma secondo voi, per realizzare e farsi autorizzare un impianto fotovoltaico da 50 MW, in Italia, di grazia, quanto tempo ci metteremmo? Con la sostanziale differenza che una centrale nucleare non deturpa la stessa superficie di terreno agricolo o industriale del paese ed ha una efficienza (rendimento energetico, energia prodotta rispetto a quella necessaria per produrla) enormemente superiore rispetto a quella di un qualsiasi impianto fotovoltaico. Inutile segnalare inoltre che una centrale nucleare non funzionerebbe in maniera intermittente e pertanto potrebbe produrre energia ogni qualvolta la rete nazionale ne avesse bisogno, evitando sprechi o immissioni in rete non necessarie. Infine la transizione energetica verso le emissioni zero durerà probabilmente dai 40 ai 50 anni e oltre. Tempo ne abbiamo per alimentare il nostro mix energetico, ma prima partiamo, meglio è.

Sono grosse centrali, costose e difficilmente realizzabili? Per nulla. Al netto del fatto che la tecnologia nucleare per fissione è oggetto di studio e continua ricerca (in Europa non hanno mai smesso e la Francia ha appena autorizzato la realizzazione di nuove centrali nucleari di grande taglia), pertanto si tratta di tecnologie molto consolidate e di realizzazione ingegneristica usuale per grandi realtà del settore (l’Italia fu una grande potenza nucleare prima dell’incredibile affossamento), oggi sono in fase avanzata di affinamento tecnologico – in particolar modo per quanto riguarda il valore di efficienza e la quantità di rifiuti prodotti – gli SMR (Small Modular Reactors), ovvero reattori nucleari pronti per l’energia distribuita (anche taglie da 1 a 10 MW). Si tratta di reattori di ultimissima generazione perfetti per alimentare l’autoconsumo delle grandi industrie italiane.

Di rapida produzione e facile installazione, avrebbero impatto immediato sulle bollette dei grandi energivori italiani, ma soprattutto sulla riduzione totale dei loro consumi di gas e pertanto delle relative emissioni climalteranti (il nucleare è energia a Zero emissioni di CO2). È l’epoca in cui si possono e si devono abbattere le porte e i muri alzati dal populismo. Il governo Draghi ci ha portato nuovamente a guardare al futuro con autorevolezza, capacità di analisi, raziocinio e potere alla scienza. Sfruttiamo questo nuovo Rinascimento italiano per reinserire l’energia nucleare nel mix che, insieme all’ampliamento delle fonti rinnovabili ed al maggior uso delle soluzioni di efficientamento energetico, ci accompagnerà per i prossimi 40 o 50 anni di transizione energetica. In attesa che la fusione completi il tutto…