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Quando i dati diventano insensibili

Quando i dati diventano insensibili

Senza dati, sei solo un altro tizio con un’opinione. È una frase che ho letto su Linkedin e che mi ha colpito. È vero. I dati sono l’oro del nostro secolo. Ecco perché, pur di accaparrarseli, le società fanno di tutto: dai servizi web apparentemente gratuiti – ma che, di fatto, paghiamo con la moneta delle nostre informazioni personali – alle carte fedeltà nei negozi. Avete presente il classico scambio di battute, dove i nostri sani principi di non concedere facilmente i dati personali naufragano davanti alla prospettiva di uno sconto immediato? Io sì, mi vendo per un 20% senza nessuna remora.

I dati non hanno solo un valore commerciale, ma ne hanno anche uno etico e sociale. Nel settore sanitario, la conoscenza dei dati aiuta a fare diagnosi più accurate, a mettere a punto cure personalizzate e garantire una maggiore efficienza dei sistemi sanitari. In urbanistica, se si conoscono i dati, si possono progettare spazi pubblici più efficienti. Nella ricerca, la condivisione dei dati accelera il progresso scientifico. Ma questi sono solo alcuni dei tanti esempi del valore delle informazioni nel mondo contemporaneo.

Il problema è come garantire la privacy dei cittadini. Oggi, abbiamo tutti l’impressione di essere esposti, manipolabili e ricattabili in qualsiasi momento della nostra vita, proprio perché non abbiamo la più vaga idea di chi possieda i nostri dati e quali siano le sue intenzioni. La possibilità che li usi “solo” per molestarci con telefonate commerciali a qualsiasi ora del giorno ci sembra, in fin dei conti, la meno grave.

Per PRIMOPIANOSCALAc di Telos A&S, abbiamo parlato dell’uso e della protezione dei dati personali con Daniele Panfilo, fondatore di Aindo, una società che ha sviluppato e brevettato una tecnologia di generazione di dati sintetici attraverso l’Intelligenza Artificiale.

Panfilo e il suo gruppo hanno creato dei modelli per trarre dai dati sensibili dei, diciamolo così, dati insensibili, che tecnicamente si chiamano sintetici. In altre parole, i dati reali dei cittadini non solo vengono resi irriconoscibili, ma molto di più: gli algoritmi creano dei dati che si comportano come quelli reali, una sorta di avatar dei dati originali, permettendo a chi ne ha bisogno di usufruire dei vantaggi di avere le informazioni a disposizione, senza ledere, né rischiare di ledere, la privacy delle persone cui quelle informazioni appartengono. “A partire dal dato reale, tali modelli sono in grado di generare dati artificiali capaci di replicare fedelmente schemi e comportamenti della popolazione dei dati reali. I dati sintetici, quindi, mantengono inalterata l’utilità statistica del dato originale, ma poiché sono generati attraverso un algoritmo, sono privi di informazioni sensibili e quindi non sono più dati personali” spiega Panfilo.

Se questo sistema fosse applicato in tutti i settori, potremmo evitare la telefonata sul cellulare che ci interrompe quando abbiamo il rigatone già infilzato sulla forchetta e la bocca spalancata per accoglierlo? Immagino di sì. E, già solo questo, sarebbe fantastico.

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