Trasparenza è una bella parola. Nel mio mestiere, poi, viene usata come una clava per denunciarne la mancanza. Io sono una lobbista e mi sento spesso dire che le aziende che ricorrono ai servizi di lobbying e chi fa il mio lavoro dovrebbero essere più trasparenti.
Sul valore della trasparenza sono ovviamente d’accordo. Sul fatto di essere “più” trasparenti penso che i lobbisti non abbiano nulla da rimproverarsi, perché semplicemente non hanno nulla da nascondere. Proverei invece a capovolgere il ragionamento e chiederci se le istituzioni che producono le norme lo sono o se anche a loro dovrebbe essere fatta una richiesta di maggiore trasparenza, quella che in realtà si dovrebbe chiamare ‘pubblicità dei lavori’.
Per la video rubrica Lobby Non Olet di Telos A&S, ne abbiamo parlato con Giusi Gallotto, amministratrice di Reti, una delle storiche società di lobbying sul mercato italiano ed europeo. Giusi è un’alleata nel fare cultura sul lobbying in Italia. “I tentativi di regolamentazione del lobbying che sono stati fatti ormai da anni partivano da un vizio: si andava a regolamentare una categoria ma non il processo decisionale. Bisogna tenere conto di un principio di reciprocità, quindi doveri dei lobbisti nei confronti delle istituzioni ma anche diritti rispetto all’accessibilità delle informazioni” afferma Gallotto.
Insomma, alla richiesta di trasparenza bisognerebbe far corrispondere una garanzia di trasparenza, che, attenzione, non significa solo sapere chi ha incontrato chi, ma essere in grado di conoscere l’iter legislativo sin dai suoi primi passi. È possibile in Parlamento, impossibile sui lavori ministeriali, e quasi altrettanto nelle Regioni o negli altri Enti locali. Istituzioni che producono una buona parte delle norme che regolano il nostro Paese.
Soddisfare questa richiesta assicurerebbe ai lobbisti (e ai cittadini in genere) l’accesso alle bozze delle norme che sono in discussione. Le organizzazioni private sarebbero così al corrente delle decisioni che le istituzioni stanno formulando sul settore che le riguarda, in modo da poter dare il loro punto di vista o il loro contributo prima che la norma sia resa pubblica ed entri in vigore. Può sembrare un tentativo di ingerenza, ma non è così. È semplicemente un modo per assicurare al legislatore di tenere in considerazione anche i casi concreti che solo chi lavora quotidianamente in un settore specifico può conoscere. Quindi per fare leggi migliori, perché più aderenti alla realtà del Paese.
© Riproduzione riservata