La crisi transalpina
Cade il breve governo Bayrou, Macron stretto tra i due poli: l’ingovernabilità francese, la manovra lacrime e sangue e le elezioni all’orizzonte
L’esecutivo nato per contrastare Bardella cede sotto il peso della crisi economica. I partiti estremisti premono per tornare alle urne: il capo dell’Eliseo deve decidere
La Francia è in crisi. Una crisi politica, economica e sistemica. Questo è il primo e principale dato che emerge dal voto di sfiducia, il quarantaduesimo della Quinta Repubblica, con cui l’Assemblea Nazionale ha congedato il governo guidato dal centrista François Bayrou, chiamato solo nove mesi fa dal Presidente Macron a guidare il secondo governo dopo l’azzardo delle elezioni legislative di giugno 2024. Elezioni in cui l’inquilino dell’Eliseo ha pensato di poter catalizzare un voto “moderato” che nella Francia delle opposte polarità non esiste più.
L’ingovernabilità francese
Per fermare la coalizione di Bardella al secondo turno del 7 luglio 2024, dopo il trionfo al primo, Macron aveva ceduto al tradizionale “cordone sanitario”, consentendo al Nuovo Fronte Popolare di ottenere una maggioranza relativa in parlamento, e condannando il Paese all’ingovernabilità. Il Presidente si era rifiutato di concedere l’incarico di formare un governo all’estrema “gauche” del nemico Melenchon, scegliendo la via di esecutivi di minoranza condannati ad essere ostaggio delle due ali estreme dell’Assemblea Nazionale. Esecutivi deboli conducono inevitabilmente a politiche deboli e a quella instabilità a cui la Francia non è mai stata abituata dagli albori della Quinta repubblica.
Manovra lacrime e sangue
Così, mentre gli inquilini de l’Hôtel de Matignon prendevano coscienza della loro caducità, lo spettro del debito e della paura aleggiava per i saloni della politica francese. Le scommesse in politica, del resto, sono monete a due facce e spesso – più di quanto si pensi – chi osa lanciarle in aria non ha la forza per afferrarle dal verso giusto. Non è una questione di fortuna, ma di numeri e anche di vincoli costituzionali, come quello che per un anno ha impedito al Presidente Macron di sciogliere nuovamente l’Assemblea Nazionale e restituire la parola ai francesi. Numeri da scalare, alti come l’Himalaya, invocati nel suo primo discorso dallo stesso Bayrou, che lo hanno portato a decretare la sua condanna politica invocando una manovra di lacrime e sangue da 44 miliardi per contenere un deficit che oscilla tra il 5,8 e il 6% del PIL e un debito pubblico ben oltre il 113%.
Macron alle strette
Nel suo intervento dal pessimismo disperato, conscio dell’inevitabile epilogo – reso tragicomico dalle ultime interviste, tra cui quella in cui si accusava l’Italia di “dumping fiscale” – Bayrou ha ammonito i suoi carnefici politici: “Potete rovesciare il governo ma non cancellare la realtà”. Tuttavia, anche questa volta l’obiettivo, tanto dell’estrema sinistra quanto del RN, è lui: Emmanuel Macron. Questa volta il Presidente si trova a un bivio estremamente rischioso, in cui la possibilità di manovre e azzardi è limitata. La via più semplice conduce allo scioglimento dell’Assemblea parigina e al voto, con l’ennesima tentazione di costruire accordi al ribasso per fermare Bardella, ma senza alcuna prospettiva politica. Oppure un nuovo incarico ad una figura al di là del recinto macronista, e forse proprio a quel Bardella, che potrebbe altrimenti avere un’autostrada verso l’Eliseo nel 2027, una sfida nella sfida che il Presidente potrebbe cogliere come ultima assoluta carta in una manica priva di assi.
Poi resta la terza e ultima soluzione, la più drammatica, che nessuno osa neanche lontanamente ventilare dalle parti dell’Eliseo, quella delle dimissioni dello stesso Macron. Mai come questa volta da quando “En Marche” si è visto padrone della Quinta Repubblica – per debolezza di avversari – la distanza tra incudine e martello è stata così poca per l’uomo che si sognava scudo d’Europa. Le elezioni sembrano la strada “obbligata” e così l’ha definita anche Marine Le Pen nel suo intervento con cui ha certificato – non che ci fossero dubbi – che il RN avrebbe espresso voto di sfiducia. L’instabilità della Francia non è certo un bene per l’asse europeo nel più complesso scacchiere globale e di certo le ambizioni parigine di “egemonia” ne escono molto ridimensionate. L’estate di Macron è finita da tempo, l’autunno francese, invece, è appena cominciato.
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