Energia
Cer, una realtà in movimento tra entusiasmo e incertezze
La condivisione di energia a livello territoriale è la caratteristica peculiare delle comunità di energia rinnovabile che aiutano a diminuire il bisogno di investimenti costosi
La direttiva europea RED II (2018/2001/UE) sulle energie rinnovabili ha introdotto per la prima volta il diritto dei cittadini, degli enti locali e delle piccole e medie imprese a produrre, condividere e consumare energia rinnovabile localmente. Parallelamente, la direttiva 2019/944/UE sul mercato interno dell’energia elettrica ha definito altre figure come i “clienti attivi” e i “gruppi di clienti attivi”.
In Italia, questa visione si è tradotta in un percorso graduale: dalle prime sperimentazioni avviate con il DL “Milleproroghe” del 2019 e le successive delibere ARERA, si è passati al recepimento organico con il decreto legislativo 199/2021, fino ad arrivare al cosiddetto decreto CACER in vigore dal gennaio 2024 e modificato a maggio 2025.
Il decreto CACER ha fissato una cornice chiara, definito il perimetro elettrico di riferimento – quello della cabina primaria –, stabilito criteri di ammissibilità precisi e disegnato uno schema di incentivi strutturato. In questo modo ha reso finalmente scalabile un modello che fino a quel momento era rimasto confinato a esperienze pilota. Il decreto distingue e incentiva diverse configurazioni: l’Autoconsumo Collettivo – che riguarda condomini, complessi edilizi, poli produttivi – gli autoconsumatori a distanza e le Comunità di Energia Rinnovabile (CER) vere e proprie, pensate come soggetti giuridici, autonomi e aperti alla partecipazione. Possono aderire cittadini, micro e piccole-medie imprese, enti pubblici, soggetti del terzo settore, parrocchie, scuole. La caratteristica distintiva è una governance orientata “a beneficio dei membri” e non quella di ottenere profitti finanziari.
Secondo il sito del GSE, al 30 settembre 2025 in Italia sono già operative quasi 600 CER con oltre 5.500 utenti coinvolti e 67 megawatt di potenza installata. La distribuzione geografica, però, evidenzia un quadro disomogeneo: il Nord da solo concentra 341 CER con oltre 3.500 utenti e 40 MW di potenza, seguito dal Centro con 97 CER e 11,5 MW, dalle Isole con 93 CER e 9 MW, e infine dal Sud con appena 66 CER e 6,6 MW. Sul piano organizzativo, le forme giuridiche più diffuse sono cooperative, fondazioni di partecipazione, associazioni, consorzi e società di scopo con statuti “user-centric”. La gestione operativa ricade tipicamente su un soggetto referente – spesso una ESCo, una utility locale o una cooperativa – che si occupa delle pratiche amministrative con il GSE, dei bilanci energetici, delle ripartizioni economiche e dei servizi digitali. Alle CER si devono aggiungere le altre configurazioni riconosciute dal GSE e in particolare 288 gruppi di autoconsumatori rinnovabili (quasi 3.000 utenti, 6,6 MW di potenza) e 225 autoconsumatori individuali a distanza (oltre 1.100 utenti, 39,7 MW).
Per quanto riguarda le altre configurazioni introdotte dalla direttiva sul mercato elettrico – i “clienti attivi” e i “gruppi di clienti attivi” – si contano solo 13 clienti attivi a distanza e 5 gruppi di clienti attivi. Si deve però notare che queste configurazioni, pur previste dalla normativa, non sono state incentivate; il legislatore ha scelto di non incentivare i clienti attivi, concentrando risorse e attenzione sulle comunità energetiche e sugli autoconsumatori. Il risultato sembra evidenziare che nel settore energetico gli incentivi non sono un dettaglio accessorio per l’adozione di nuovi modelli. Sarebbe però un errore ridurre le CER a una mera questione di incentivi: rappresentano un cambio di paradigma nella produzione e distribuzione dell’energia che va ben oltre i finanziamenti contingenti. Rispetto ad altri strumenti proposti dal legislatore – aste, registri FER e Conto Termico – la differenza fondamentale importante è quella tra produrre energia e condividerla secondo una logica comunitaria e territoriale.
Nel caso, ad esempio, dei tetti urbani che rappresentano il giacimento energetico più vicino ai punti di consumo, che minimizzano il consumo di suolo agricolo, che riducono drasticamente le perdite di rete legate al trasporto dell’energia su lunghe distanze, le CER urbane svolgono un ruolo cruciale di facilitatore: aggregano i tetti di condomini, scuole, ospedali, capannoni industriali e edifici della pubblica amministrazione, mettendo insieme domanda e capacità di investimento che singolarmente non sarebbero sufficienti. Tra i soggetti che per primi si stanno muovendo in questa direzione si devono ricordare le diocesi, le parrocchie e gli enti religiosi in generale.
La condivisione di energia a livello territoriale è quindi la caratteristica peculiare delle CER, ciò che le distingue da altre iniziative proposte dal legislatore ed è l’elemento che permette alle CER di svolgere un ruolo di supporto alla gestione della rete, sia facilitando l’integrazione di quote di energia rinnovabile, sia evitando trasferimenti di energia con il risultato di diminuire la necessità di costosi investimenti infrastrutturali. La quantità di energia condivisa e l’autosufficienza energetica raggiunta, più della potenza installata, dovrebbero quindi essere i parametri su cui valutare le performance delle CER; al momento questi valori non sono ancora disponibili sul portale del GSE, anche per la vita ancora breve delle CER, ma auspichiamo che presto anche questi valori siano disponibili a tutti.
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