Epilogo ancora incerto
Che ne sarà di Tim, un futuro tutto da scrivere
KKR arriverebbe a detenere circa il 65% di “NetCo” mentre solo il restante 35% godrebbe di una ownership nazionale principalmente attraverso il MEF
Da anni in Italia, in materia di telecomunicazioni, si discute della possibilità di realizzare la “Rete Unica”, ovvero quel progetto finalizzato a far confluire nel portafoglio di un unico Operatore le reti dei principali player del settore. In altre parole, il progetto prevede l’integrazione delle infrastrutture di rete di TIM con quelle di Open Fiber in un nuovo soggetto giuridico, “NetCo”. La prima fase di questo progetto prevede lo scorporo da parte di TIM delle attività infrastrutturali da quelle commerciali. A tal proposito, il CDA di TIM ha concesso al fondo americano KKR una proroga fino al 15 ottobre per presentare un’offerta vincolante per la propria rete fissa. In tale contesto, è doveroso sottolineare che le intenzioni originali dei fautori della “Rete Unica” prevedevano un controllo prevalentemente nazionale, sotto l’egida di CDP, di quella che in maniera bipartisan viene considerata un’infrastruttura strategica del paese.
Come spesso accade però le intenzioni iniziali possono discostarsi dai risultati finali. Infatti, nello scenario delineatosi, il fondo americano KKR arriverebbe a detenere circa il 65% di “NetCo”, mentre solo il restante 35% godrebbe di una ownership nazionale principalmente attraverso il MEF ed il fondo infrastrutturale F2i. Per questo motivo, il ministro Giorgetti, in vari interventi sul tema ha rassicurato che il governo italiano avrà modo di intervenire, ove necessario, sulle strategie aziendali attraverso lo strumento del Golden power. Principale oppositore alla cessione dell’infrastruttura passiva di TIM al fondo KKR è il gruppo francese Vivendi, azionista di maggioranza di TIM con il 23,75% di quote. Vivendi ha espresso dubbi sia di natura finanziaria che di natura strategica in merito all’operazione.
L’epilogo di questa vicenda è ancora molto incerto, tanti sono ancora i nodi da sciogliere: come reagirà Vivendi in caso di deliberazione favorevole del CDA alla cessione della rete in contrapposizione ai desiderata del principale azionista di TIM? Cosa ne sarà di TIM senza la propria rete fissa? Quanti dipendenti di TIM migreranno nella nuova “NetCo”? Domande alle quali oggi è difficile fornire risposta e per le quali è necessario attendere almeno il 15 ottobre, data che potrebbe segnare uno spartiacque per le sorti della società ex-Monopolista. Nell’attesa, è importante che la politica non commetta l’errore di strumentalizzare il dibattito. Ciò che sta accadendo in questi giorni con il caso Magneti Marelli, società anch’essa posseduta dal fondo KKR, che ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Crevalcore, deve suonare come campanello d’allarme da presidiare ma non deve tradursi in interventismo ideologico.
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