Il tributo
Chi era Sibilla Aleramo, la scrittrice che anticipò i temi del femminismo
«La donna da un secolo in qua ha vagamente sentito che poteva muoversi ormai con più agio, ma non ha sentito che poteva anche sostare prima alquanto, e interrogarsi. Così, invece di accordare alla vita e all’arte la sua autentica anima, è entrata nell’azione come un misero inutile duplicato dell’uomo». È interessante allora capire che cos’è il “malessere oscuro” che resiste anche ai cambiamenti della civiltà industriale e democratica in fatto di diritti civili e politici delle donne. Si può pensare che sia collegato a quello che Sibilla chiama “l’atavismo muliebre”, la difficoltà a rinunciare alle “prerogative antiche”, che hanno visto le donne al centro della casa, ad affrontare un’autonomia vissuta come abbandono di «tutto ciò che hanno amato e in cui hanno creduto»: «tragicamente autonome».
Ma l’ostacolo maggiore sembra ancora oggi quella visione del mondo che, interiorizzata, ha fatto sì che fossero le donne stesse, loro malgrado, a trasmettere la legge dell’uomo. La consapevolezza di Sibilla è, da questo punto di vista, l’eredità più preziosa e controversa che consegna alle generazioni venute dopo di lei. «… io ho dovuto adattare la mia intelligenza alla vostra, con sforzo di decenni: capire l’uomo, imparare il suo linguaggio, è stato allontanarmi da me stessa. In realtà io non mi esprimo, non mi traduco neppure: rifletto la vostra rappresentazione del mondo, aprioristicamente ammessa, poi compresa per virtù di analisi… questo cozzo fra il mio ritmo interno e il ritmo delle forme da voi trovate!
Come liberarmi? Bisognerebbe che mi ascoltaste come se io sognassi».
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