Un romanzo da non perdere
Colore Puro: nell’ultimo romanzo di Sheila Heti, la storia di Mira che sogna di diventare critico d’arte
Nell’ultimo romanzo dell’autrice canadese, quando, come e dove lottano contro l’attrito che ogni vita produce.
Più che il come, nella nascita di un sentimento, conta il quando. Il momento propizio in cui due persone si conoscono e si riconoscono. Essere disposti ad andare incontro all’altro, con quel misto di meraviglia e di paura che genera il desiderio. Dopo il quando, sopraggiunge il dove. A quale distanza di sicurezza fermarsi dalla persona amata? Quanti gli spazi vitali da tenere per sé? Nell’ultimo romanzo di Sheila Heti, Colore puro (ilSaggiatore) – in libreria dopo l’imperdibile Maternità (Sellerio) – quando, come e dove lottano contro l’attrito che ogni vita produce.
Mira lascia la sua casa d’infanzia per iscriversi a una prestigiosa accademia. Vuole diventare una critica d’arte. È qui che incontra Annie, già brutalmente informata sulla morte, e sulla fine delle cose, dato che ha perso sua madre e suo padre ed è cresciuta in un orfanotrofio. Rinchiudersi nel mondo dell’arte, nella misura in cui è qualcun altro a produrla, è un modo per assecondare la curiosità pur nel sollievo che il mondo, con il sole che sorge ogni mattina e tramonta ogni sera, resterà fuori dalle aule. I problemi sono destinati a non entrare. Dall’esterno, i messaggi che arrivano sono limitatissimi. Studenti che non leggono neanche i giornali. Nessun video su come una ragazza insegni a legare bene i capelli. L’universo sembra rimpicciolirsi al volume di un singolo edificio, ma è un’illusione che dura niente. L’arrivo di Annie risuona come un preludio a ciò che sta per succedere: Mira smette di guardarsi con i propri occhi e inizia a farlo con quelli di lei, la ragazza verso cui prova una rovente attrazione.
“Con alcune persone capita che succedano troppe cose a livello emotivo, più di quante sia sensato, se si tiene in considerazione la scarsità di quanto si è condiviso con queste persone che riescono a infiammare qualcosa in noi come nessun altro”. È adesso che la storia cambia e precipita in uno strappo. Dall’amore non ancora consumato fra le due ragazze, alla morte di un padre malato. Il canto tessuto da Heti fin qui, sull’inizio di un sentimento, si tramuta in un canto sulla fine delle cose. E tuttavia, l’amore resta. Insieme alla consapevolezza, acquisita solo col tempo, goccia a goccia nel dolore, di quanto seppure tutto ciò che amiamo sia destinato a finire, continuerà a vivere dentro di noi. Mira perde suo padre. All’apice della disperazione, la prosa di Heti non si raffredda per restituirci la crudezza dei fatti senza orpelli, ma anzi, diventa poetica. Il romanzo si trasforma in un’allegoria. Forse, quello vissuto da Mira e dal padre oramai morto, è solo la prima bozza del mondo: una bozza anarchica e difettosa. Forse c’è una seconda versione, dove nessuna nostalgia giungerà a spezzarla.
Mira sente lo spirito di suo padre farsi largo dentro di lei. Mira osserva il suo vuoto che si colma. Mira si trasforma in una foglia. Quando ripensa ad Annie, seppure in quella condizione di foglia, in bilico sopra alle cose e mai a contatto, pensa che essere figlia significhi essere una persona a metà, mentre essere un’orfana significhi essere intera, incapace di rompersi. Dall’alto del ramo su cui è appesa, un giorno intravede Annie passare di lì. Ecco cos’è l’amore, sembra dire Heti. Quel grido d’aiuto che nostro malgrado ci impone di voler uscire, scappare dal bozzolo in cui ci siamo rinchiusi, e tendere una mano, nel caso di Mira un lembo di foglia, verso la luce, verso la felicità, invocando a gran voce quella persona, l’unica che potrebbe tirarci fuori di lì.
Non sempre, però, l’amore è disponibile all’ascolto. Le urla di Mira sono imprigionate nelle pareti di una foglia che è come cemento. Annie è lontana. Poi invece all’improvviso un quadrato di luce entra in mezzo ai rami e Mira cade fuori, libera, fuori dalla foglia e dal suo dolore. Non è importante sapere se lei e Annie riusciranno, una volta che i sentimenti dell’una hanno tratto in salvo l’altra, a costruire un futuro insieme. Ciò che importa è l’essere vivi e presenti, fuori dalla foglia, fuori da un guscio d’angoscia destinato prima o poi a farsi polvere.
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