Il mare che bagna Napoli
Concessioni balneari a Napoli, Marone: “Le gare vanno bandite subito, giusto che tutti possano concorrere per gestirle e guadagnare”
«Il mare bagna Napoli», si potrebbe dire, mettendo in «positivo» il titolo di un celebre romanzo di Anna Maria Ortese. Ne parliamo, con un focus sull’annosa questione delle concessioni balneari, con il professore di diritto costituzionale Francesco Marone.
La storia nazionale delle concessioni balneari è lunga e tortuosa. Professore, può tentare una sintesi sino alla normativa odierna del D.L. 131/2024?
«È una storia che viene da lontano. Sia la Corte di Giustizia Ue sia il Consiglio di Stato hanno ritenuto illegittima qualsiasi proroga automatica delle concessioni balneari ormai da molti anni. Nella prospettiva del diritto Ue, le spiagge sono una risorsa scarsa e, in quanto tale, il diritto di sfruttarle a fini economici deve essere assegnato mediante una competizione aperta tra tutti gli operatori potenzialmente interessati. Dunque, l’obbligo di gara è ormai ineludibile. Il D.L. n. 131 del 2024 ha fissato alcuni criteri da seguire nella redazione dei bandi di gara e ha affermato il principio dell’indennizzo in favore dei gestori uscenti in caso di investimenti che questi non abbiano avuto il tempo di ammortizzare. Dopodiché, forse per ragioni più politiche che giuridiche, ha disposto una nuova proroga automatica sino al 2027».
Quindi, in base a tale decreto, è tutto fermo fino al 2027?
«No, perché il Consiglio di Stato ha ribadito, con due decisioni del maggio 2024 e poi ancora di recente dopo l’entrata in vigore del D.L. 131, che ogni proroga automatica prevista dalla legge deve essere considerata dai giudici e dalla Pubblica amministrazione tamquam non esset. Le gare, secondo i giudici italiani ed europei, vanno bandite subito, non nel 2027».
In concreto, è realistico, secondo lei, sperare che la concorrenza entri nel settore delle concessioni demaniali, oppure le resistenze alla gara devono ritenersi insormontabili?
«A questo punto credo che il principio di concorrenza nell’assegnazione delle concessioni balneari possa dirsi definitivamente affermato sul piano giuridico. Non è ancora successo nulla di particolarmente rilevante in concreto, tranne – se non ricordo male – una gara vinta da un grosso imprenditore in Friuli, perché non c’è ancora stato nessun importante player del mercato dell’hospitality che ha ritenuto interessante “aggredire” questo settore. Quando il profilo giuridico e quello economico si allineeranno, inizieranno pressioni formali sulle amministrazioni e le gare saranno inevitabili».
Secondo lei, vista la normativa vigente, è da ritenersi tutelato l’accesso libero al demanio marittimo?
«Sono piani diversi. La demanialità di un bene non impedisce che ne venga regolato il diritto di accesso da parte dell’autorità pubblica che lo detiene; basti pensare a una base militare, alla quale ovviamente non si può accedere liberamente. Se si riferisce, più in concreto, alle spiagge napoletane, il tema è garantire ai cittadini la possibilità di usufruire del mare, regolamentando se necessario ma secondo criteri legittimi e uguali per tutti. Mi sembra un problema politico, più che strettamente giuridico».
Gli indennizzi e le altre misure protettive dei gestori storici esprimono un convincente punto di equilibrio o è necessario auspicare altri interventi?
«Onestamente mi sembra di sì. Non credo che i gestori delle concessioni balneari possano rivendicare altro che la equa remunerazione dei loro investimenti. Le spiagge sono pubbliche, non private, ed è giusto che chiunque possa concorrere a gestirle per fini di lucro. Inoltre, mi sembra che il legislatore abbia anche tenuto conto delle possibili differenze tra una concessione il cui sfruttamento sia l’unico reddito di una famiglia e ipotesi diverse, nelle quali magari si tratta di uno dei tanti investimenti di un gruppo industriale articolato. D’altra parte, i criteri fissati dal D.L. 131 sono più o meno gli stessi che aveva fissato la legge delega approvata dal Parlamento ai tempi del governo Draghi, per cui possono considerarsi criteri condivisi da tutti, probabilmente perché rappresentano l’unico ragionevole compromesso possibile».
A che punto sono e qual è il possibile esito delle procedure di infrazione a carico dell’Italia per i ritardi nel settore balneare?
«L’approvazione del D.L. 131 del 2024 serviva proprio a chiudere le procedure d’infrazione, come recita il suo titolo».
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