Una volta che Conte aveva ragione, nell’incitare a disertare i talk della Rai, è stato trafitto da Grillo che ha ironizzato sul suo avvocato specialista del penultimatum. Non per le motivazioni addotte dal capo politico dei 5 Stelle, che urlava solo perché escluso dai giochi della lottizzazione, ma per la metamorfosi del servizio pubblico in una fabbrica di antipolitica un bel gesto di ribellione andrebbe sempre tenuto in considerazione da parte delle forze democratiche.
Proprio la rete che dovrebbe rientrare secondo gli schemi giornalistici nelle zone di influenza riservate al Pd si caratterizza, e non da ora, per una vocazione alla demolizione di ogni senso costruttivo dell’agire politico. Se Report colpisce ai fianchi seguendo una precisa immagine del nemico (prima era il “russo” Salvini, ora è diventato “l’Arabo” Renzi o il governo Draghi schiavo delle imprese farmaceutiche americane), Carta Bianca produce in maniera strutturale un senso comune di carattere antipolitico.
L’apparentemente insensata lotta per avere il “maleducato” Corona come l’opinionista principe della rete non si spiega finché si adotta l’ottica sempre più malconcia di un servizio pubblico di informazione. Le parole che volano alte, partorite secondo una creatività montanara che emette suoni attorno alle più delicate prospettive costituzionali, non servono certo per aguzzare l’ingegno del pubblico e per lanciare esche utili ad afferrare i nodi più nascosti delle grandi questioni. Corona è lo strumento sonoro della chiacchiera antipolitica che richiede l’arruolamento di figure anche pittoresche con la precisa consegna di sentenziare sui misteri del mondo. Finché uccide solo la dignità della politica lasciando libero sfogo alle lettere inutili dalla montagna, si può anche lasciar correre. Rai tre contribuisce però anche a ledere la vita reale delle persone aprendo i microfoni a filosofi che sentenziano su delicate questioni mediche, farneticano contro “la scienza unica di regime”.
Quando Carta Bianca dà libertà di straparlare a “una cittadina e una mamma” la cui argomentazione sconclusionata conta quanto quella dello scienziato si raggiunge il culmine della deriva nichilistica che mette nel conto le conseguenze negative che potrebbero sprigionarsi sulla sorte degli individui. Le parole di Cacciari sul modello del Giappone, dove il male sarebbe stato debellato e solo con il 20 % dei vaccinati (in realtà sono l’80 %), contrapposto a quella della iper-vaccinata Islanda, che più si buca e più accumula cadaveri, non rientrano nelle opinioni lecite entro una comunità scientifica plurale, ma sono delle frasi immediatamente performanti, producono effetti sulla vita e la morte. Tra tante nefandezze retoriche il “virosofo” una verità l’ha infine pronunciata: “io sono chiamato in Tv solo perché faccio casino e così alzo l’audience”.
Fino a che punto è accettabile questa consuetudine di chiamare in studio l’intemperante “virosofo” a pontificare sui rischi delle cure sugli indifesi infanti solo perché con il suo gesticolare alza gli ascolti? Far crescere l’indice dell’auditel sfidando anche l’impennata della curva del contagio può mai essere la logica di comportamento della televisione pubblica? La partecipazione della Rai alla guerra commerciale dei talk andrebbe scongiurata perché la libertà di “far casino” non può spingersi sino alla libertà di produrre un tangibile pericolo di morte. Una classe politica responsabile e gli scienziati più autorevoli farebbero bene a tenersi lontani dagli studi di Rai tre che trattano la pandemia come uno show per racimolare qualche pugno di ascoltatori. Per una volta la politica dovrebbe rivendicare i grandi successi del governo centrale e di quelli regionali e invitare a spegnere i rumori di fondo dell’infotainment che rischia di compromettere tutto.
