L’ex premier ci ha abituati alle giravolte
Conte, le Europee e l’addio al Campo Largo, giocattolo giallorosso a rischio: “Non saremo mai gli junior partner del Pd”
Adesso l’avvocato di Volturara Appula si muove in totale autonomia rispetto ai dem. Ma il salto di qualità ci sarà dopo le Europee
Il campo largo è l’ircocervo della politica. Il sarchiapone delle alchimie di Palazzo. Infatti non si sa bene cosa sia e da chi sia composto. Scompare e riappare a seconda della convenienza effimera dei suoi lunatici contraenti. Non devono illudere gli inviti reciproci, con Elly Schlein che sabato sarà alla Festa del Fatto Quotidiano e Giuseppe Conte che lo stesso giorno timbrerà il cartellino alla Festa dell’Unità. Il giocattolo giallorosso, tenuto in piedi questa estate dalla raccolta firme sul salario minimo, si può rompere da un momento all’altro. Il panzer che può fare a pezzi l’ultima versione del campo largo è proprio Conte, il leader del M5s. Dal suo punto di vista, le elezioni europee dell’anno prossimo saranno un test per capire se restare a sinistra o ributtarsi nel mare aperto dell’antipolitica.
“Lo abbiamo dimostrato con le nomine, noi non saremo mai gli junior partner del Pd”, dice a Il Riformista un alto dirigente dei Cinque Stelle. La nostra fonte non si sbaglia. Nella fase delle nomine, a partire dalle poltrone in Rai, Conte ha fatto di tutto per emanciparsi dal Pd di Schlein. Così, mentre lei saliva sull’Aventino, lui trattava con il governo per ottenere strapuntini per i suoi uomini di fiducia. Da Viale Mazzini al blitz nei consigli di presidenza delle magistrature speciali. Grazie a un accordo tra Conte e la destra, l’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede è stato eletto alla Camera nel consiglio di presidenza della Giustizia Tributaria. Mentre alla Corte dei Conti è andato l’avvocato Francesco Cardarelli, che ha difeso il M5s in diverse dispute legali ed è considerato vicinissimo all’ex premier. Schema applicato anche sulla Rai: il consigliere in quota grillina in Cda Alessandro Di Majo si è astenuto sulla nomina dell’ad Roberto Sergio e sulle scelte per le direzioni dei Tg. In cambio, il M5s si è beccato la direzione di Rai Parlamento con Giuseppe Carboni e la presidenza di Rai Com con Claudia Mazzola. Tutt’altro che sgraditi ai grillini i nomi di Simona Sala alla direzione di Radio 2 e di Adriano De Maio alla guida della direzione Cinema e Serie Tv.
Dunque, al netto delle chiacchiere, già adesso Conte si muove in totale autonomia rispetto ai dem. Ma il salto di qualità a livello politico nell’approccio pentastellato ci sarà, con tutta probabilità, dopo le elezioni europee. “Conte sogna sempre di fare il leader dei progressisti, se non ci riesce si sgancerà dal Pd”, spiffera un deputato del M5s deluso dalla gestione contiana. Finita la competizione a sinistra con Schlein, è prevedibile un ritorno alle origini del Movimento. Tutto dipenderà dai numeri. Se alle elezioni per il rinnovo dell’Europarlamento il M5s non sarà staccato dal Pd, l’ipotesi del fronte giallorosso resterà ancora in piedi. Se, invece, Schlein distanzierà Conte di quattro-cinque punti percentuali o più, allora l’avvocato di Volturara Appula se ne andrà per la sua strada. “Secondo me alle europee arriviamo sotto il 10%”, si sfoga in Transatlantico un deputato stellato. Stime forse troppo pessimistiche, dovute anche alla delusione di gran parte del gruppo parlamentare del M5s per la strategia di marciare insieme ai dem. Pena la messa in discussione della sua leadership, Conte è pronto all’ennesimo cambio di pelle.
D’altronde l’ex premier ci ha abituati alle giravolte: prima gialloverde e sovranista, poi giallorosso e “punto di riferimento fortissimo dei progressisti”. L’anno prossimo potrebbe essere l’anno del Conte “né di destra né di sinistra”. Un po’ come il Beppe Grillo delle origini e dei Vaffa Day, ma con la pochette. Il malumore per il fronte con Schlein sta venendo a galla anche esplicitamente. In Piemonte, ad esempio, in vista delle regionali dell’anno prossimo la base non vuole fare accordi con i dem. E c’è da scommettere che alle regionali e alle comunali del 2024 l’asse tra M5s e Pd sarà a macchia di leopardo. In molti territori gli esponenti locali dei dem sono invisi ai grillini, che premono per la corsa solitaria.
Il presunto appiattimento sulle posizioni del Pd, unito al mantenimento della regola del doppio mandato, espone Conte al pericolo di perdere pezzi, sia in Parlamento sia nei comuni e nelle regioni. Nel Lazio i due consiglieri regionali Roberta Della Casa e Marco Colarossi cinque giorni fa hanno ufficializzato il loro passaggio a Forza Italia, con tanto di conferenza stampa insieme al leader azzurro Antonio Tajani. “Abbiamo assistito alla deriva del M5s che è troppo a sinistra”, ha spiegato Della Casa, già fedelissima di Virginia Raggi e presidente del IV municipio di Roma. Sempre nella Capitale, hanno lasciato il M5s per il Gruppo Misto tre consiglieri municipali. La motivazione è sempre la stessa: il Movimento Cinque Stelle è ormai troppo schiacciato sulle posizioni del Pd.
In Parlamento, tra gli eletti pentastellati, c’è chi obietta che la strategia di posizionarsi a sinistra non ha portato a una crescita di consensi. Però Conte, in questi mesi, a volte si è distaccato dalle posizioni del Pd. Della partita personale sulle nomine abbiamo già detto. Sui diritti civili l’avvocato di Volturara Appula ha espresso dubbi sulla maternità surrogata e non si è mai fatto vedere alle manifestazioni delle famiglie arcobaleno. Anche sulla guerra in Ucraina l’ex premier ha provato a differenziarsi, ma ancora in un’ottica di competizione a sinistra. Una sfida progressista che, presumibilmente, durerà altri nove mesi, fino alle europee. Dopo il voto Conte potrebbe dire addio al campo largo.
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