Un presidio a Montecitorio per chiedere ancora una volta di sospendere gli accordi con la Libia che proprio il 2 febbraio si rinnovano per altri tre anni. Questo l’appuntamento lanciato da Radicali italiani per domenica pomeriggio per non cedere alla rassegnazione verso le tante storie drammatiche che arrivano dalla Libia e chiedere chiarezza e trasparenza rispetto a quanto accade in quel paese.
Da ultimo, preoccupa, ma non sorprende, la decisione dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati di sospendere le attività nel centro di transito di Tripoli dove le persone più vulnerabili, purtroppo solo alcune tra le migliaia bisognose di protezione, nei mesi scorsi hanno trovato assistenza medica e supporto nel tentativo di lasciare la Libia e fuggire dal conflitto in corso e dagli orrori perpetrati nei centri di detenzione.
La situazione sul campo è tale che non è più possibile garantire la sicurezza e la protezione delle persone ospitate nella struttura e dello staff. Con la fine dell’intervento dell’Unhcr, già ridotto al minimo e limitatissimo rispetto alla situazione drammatica vissuta in questi anni da decine di migliaia di persone, cade l’ultima ipocrisia a cui hanno fatto ricorso i governi italiani che si sono succeduti dall’accordo sottoscritto nel 2017 e che il 2 febbraio verrà rinnovato per altri tre anni.
Solo pochi giorni fa, infatti, i ministri degli esteri e dell’interno hanno ripetuto che il contenuto degli accordi è in via di revisione e che l’obiettivo da parte italiana è di migliorare le condizioni dei centri di detenzione per migranti attraverso un maggiore coinvolgimento delle organizzazioni umanitarie internazionali.
Ecco, la notizia della chiusura del centro di transito di Tripoli smentisce la possibilità di un intervento del genere e mette la parola fine a qualsiasi tentativo di mistificare la verità: continueremo, dal 2 febbraio in poi, ad assistere a violenze, stupri, respingimenti e morti in mare e all’attuazione di una strategia diabolica finanziata con fondi italiani ed europei che vede il nostro paese chiudere gli occhi e rinnegare i principi fondamentali del diritto internazionale, pur di fermare gli sbarchi sulle nostre coste.
Con un’aggravante, se possibile, che riguarda la totale mancanza di trasparenza sui termini reali del Memorandum del 2017: cosa ha finanziato esattamente l’Italia in Libia? Che ruolo hanno giocato davvero le navi militari italiane negli interventi di respingimento della guardia costiera libica in mare? Per cosa sono state usate le nostre motovedette? Quali uomini abbiamo addestrato se è vero che il noto trafficante Bija, a capo di una delle milizie più potenti, in tutta segretezza ha addirittura trascorso un periodo di formazione in Italia ospite del nostro governo, come ha rivelato un’inchiesta giornalistica?
L’ultima scoperta, in ordine di tempo, è l’esistenza di un canale sanitario tra Tripoli e Milano per curare i miliziani feriti e soprattutto la incredibile libertà di movimento da parte del personale diplomatico del governo di al-Serraj che, pare, sia stato capace di far sparire e mettere su un aereo per Tripoli due dei combattenti curati al San Raffaele di Milano denunciati per aver accoltellato un loro connazionale, prima che gli inquirenti italiani avessero il tempo di interrogarli.
Tutto ciò mentre a livello mondiale altri decidono le sorti di quel paese perché l’Italia, distratta dalla situazione complessiva del Nord Africa e focalizzata solo sul tema dei migranti e sulla necessità di non farli arrivare, ha perso di vista le priorità e tutto ciò che si stava nel frattempo muovendo. Il vertice di Berlino ha dimostrato quanto sia sempre più difficile l’avvio di un processo politico e la fine delle ostilità.
Di fronte a questo quadro sconfortante e sempre più fuori controllo, non possiamo che continuare a chiedere, come faremo in maniera nonviolenta con il presidio lanciato da Radicali italiani domani pomeriggio davanti a Montecitorio, la sospensione immediata del memorandum e un pieno protagonismo del Parlamento per fare finalmente chiarezza su quanto accaduto in questi tre anni, in Libia e nel Mediterraneo, a migliaia di persone sacrificate sull’altare della propaganda.
