Esteri
Crisi Libia, perché non viene discussa in Parlamento?
Il 2 febbraio, il memorandum Italia-Libia verrà rinnovato per altri tre anni, senza che alcuna modifica sia stata apportata. Domenica dalle 15.30 i Radicali saranno in piazza, a Montecitorio, di fronte a un Parlamento vuoto e silenzioso, esattamente come è stato il dibattito politico su questo scellerato accordo che mira a contenere il flusso di migranti e rifugiati che giungono via mare dalla Libia, anche se ciò significa esporre persone già vulnerabili al rischio di subire ulteriori abusi e violenze. L’art. 80 della Costituzione impone un voto parlamentare che non c’è stato e non è in programma, una violazione inaccettabile dello stato di diritto da parte delle Istituzioni. A fine ottobre il ministro degli esteri Di Maio si dichiarava disposto a modificare il memorandum, seguito a pochi giorni di distanza dalle analoghe affermazioni della ministra dell’interno Lamorgese.
Sono passati tre mesi, mesi in cui molte delle persone – mille solo nei primi giorni dell’anno – che hanno tentato di attraversare il Mediterraneo centrale sono state intercettate dalla Guardia costiera libica e riportate in un paese in aperto conflitto nel quale, come denunciano le Nazioni unite, la detenzione arbitraria, il sequestro di persona, l’estorsione sono pratiche sistematiche, insieme ai diffusi casi di tortura, molestie e stupro, omicidio. Un paese dove i civili sono un bersaglio e il numero di sfollati interni è in aumento. Ai pericoli della violenza generalizzata, per rifugiati e migranti, si somma il rischio di essere condotti nei centri di detenzione, lager degli orrori in mano a gruppi armati, o di essere usati come scudi in carne e ossa, in prima linea nei combattimenti.
Alla determinazione di questo destino, potenzialmente puntellato da violazioni dei diritti umani, noi contribuiamo con milioni di euro, unità e mezzi terrestri e navali. Dal 2017, quando l’accordo è stato firmato, secondo le stime di Oxfam l’Italia ha stanziato oltre 570 milioni di euro per sostenere la Guardia costiera libica, le operazioni navali nel Mediterraneo, l’adeguamento dei centri di detenzione, il contenimento dei flussi e i rimpatri “volontari’”. Siamo complici a tutti gli effetti. La risposta della politica di fronte al racconto delle atrocità che le organizzazioni internazionali documentano è il silenzio. Perché non si porta in Parlamento la discussione sul memorandum? Cosa aspetta il governo a intervenire? Attende forse che la situazione in Libia si stabilizzi? È un paradosso. Se l’instabilità è tale da non consentire neppure una modifica del memorandum, allo stesso modo determina uno scenario in cui è impensabile tenere in piedi un accordo il cui prezzo, per molti, è la vita. Deve essere sospeso immediatamente: l’Italia deve tornare a promuovere la tutela dei diritti umani e non permetterne la violazione.
I risultati delle regionali spazzano via ogni giustificazione data a questo infinito temporeggiamento e mettono nelle mani delle forze politiche l’opportunità di fare la differenza, di essere davvero discontinui dal primo governo Conte, in modo incisivo. Ci rivolgiamo ai presidenti delle Camere e al Parlamento, dove il memorandum Italia-Libia non è mai giunto: portate l’accordo in aula per sospenderne con effetto immediato l’efficacia. Bisogna esserci, non possiamo permettere che l’Italia contribuisca in modo sistematico a questa mostruosità senza opporci, dobbiamo far sapere alle istituzioni che non vogliamo accettare questo imperdonabile coinvolgimento.
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