L'opera nella sezione “Fuori Concorso” della 80° Mostra del Cinema di Venezia
Coup de chance, il miglior Allen degli ultimi anni
“Coup de chance” conferma la poetica di Woody rispetto alla fragilità e indeterminatezza delle cose della vita e il suo humour unico, nevroticamente ironico
La sezione “Fuori Concorso” della 80° Mostra del Cinema comprende opere di registi, spesso veterani, che sono riconosciuti per la loro originale filmografia. Tra i film che hanno garantito divertimento al pubblico e ai cinefili e che hanno, in alcuni casi, sorpreso i critici ne citiamo un paio. “The Wonderful Story of Henry Sugar”, il mediometraggio dell’americano Wes Anderson, adatta una gustosa storia breve dello scrittore per l’infanzia Roald Dahl, essendo animato da un cast di magnifici attori, tra cui Ralph Fiennes, Ben Kingsley, Dev Patel e Benedict Cumberbatch.
Tuttavia, al di là della ormai fitta e rapida successione di mirabolanti fondali di scena e della marcata ironia di dialoghi brillanti e paradossali, conferma un certo meccanicismo narrativo e una insolita freddezza di approccio presenti negli ultimi film del geniale regista texano. “Making of”, del sempre più positivo regista francese Cedric Kahn, è una incalzante commedia satirica, che non scade mai nella pochade di maniera. Si avvale di un’eccellente sceneggiatura, curata dallo stesso Kahn e da Samuel Doux e Fanny Burdino e di una messa in scena intelligente e molto pregnante. Racconta le disavventure di una variopinta e sgangherata troupe cinematografica che sta girando la storia di un gruppo di operai che lottano con ogni mezzo per impedire la chiusura della loro piccola fabbrica metalmeccanica ubicata nella provincia francese. Oltre a deliziare gli spettatori con un ritmo narrativo frizzante, i dialoghi spesso esilaranti e una galleria di personaggi spassosi, mostra una magnifica capacità di direzione di un cast che comprende ottimi attori, in particolare Denis Podalydes, Jonathan Cohen, Stefan Crepon, Emmanuelle Bercot e Valerie Donzelli.
Una delle perle di questa sezione è senza dubbio “Coup de chance”, dell’ottantasettenne Woody Allen: il suo cinquantesimo lungometraggio e il primo assoluto interpretato da un cast di attori francesi che parlano la loro lingua. La previsione di uscita nelle sale è per il prossimo dicembre. Si tratta di una dark comedy con accenti di satira sofisticata, ambientata a Parigi e, in parte, in una splendida villa di campagna in stile di cottage. Un’opera che mostra un approccio molto preciso e una rinnovata freschezza, fluidità ed efficacia narrativa rispetto ai precedenti film di Woody, realizzati nel corso dell’ultima decade, spesso viziati da manierismi e ripetitività. Ed è completamente differente rispetto al suo precedente “Midnight in Paris” (2011), recitato in inglese, che è una commedia leggera ed elegante, ma non priva di cliché: un gustoso omaggio al glamour e alla cultura della Ville Lumiere nel corso degli anni ‘20. Una stagione dorata, rivissuta in epoca attuale attraverso il sogno a occhi aperti di uno scrittore californiano alle prese con il suo primo romanzo.
“Coup de chance”, che si svolge ai giorni nostri, riguarda invece il mondo dei borghesi e dei nuovi ricchi, snob, ma pacchiani, pettegoli e creduloni. Al centro della storia vi è una coppia molto agiata e affiatata, apparentemente innamorata, ma senza figli: Fanny (Lou de Laage) e Jean (Melvil Poupaud). Abitano in un magnifico appartamento in un quartiere esclusivo della capitale. E sono circondati da una cerchia di amici e di conoscenti danarosi e assidui frequentatori di parties e di eventi glamour. Lei è una trentenne al secondo matrimonio, dopo il fallimento della unione con un musicista tossicodipendente. Attraente e con timide smanie anticonformiste, impiegata in una esclusiva casa di aste. Il marito è un cinquantenne, giovanile e azzimato, orgoglioso, ma anche geloso della moglie “trofeo”, ammirato e chiacchierato. Un uomo che si presenta come un finanziere e che si vanta di rendere i ricchi ancora più ricchi, attraverso imprecisate consulenze. Ma, nonostante la sua ostentata sicurezza, è stato implicato anni prima nella inchiesta, poi insabbiata, per la morte del suo socio, etichettata come suicidio, ma circondata da dubbi e dicerie. In effetti da quel tragico evento Jean avrebbe tratto enorme vantaggi personali e finanziari, avendo comprato prontamente le quote del defunto a un prezzo irrisosorio. Jean possiede anche una splendida residenza in campagna dove invita gli amici per battute di caccia al cervo e altre attività sportive, disdegnate invece da sua moglie.
All’inizio della vicenda Fanny incontra casualmente in strada, presso il suo ufficio, Alain (Niels Schneider), un ex compagno dell’esclusivo liceo di New York frequentato da entrambi quando vi abitavano, che non vede da anni. Alain, affascinante e bohémien, le racconta di essere uno scrittore single e di essere stato sempre innamorato di lei, senza mai aver avuto il coraggio di dichiararsi. E inizia a corteggiarla assiduamente. Dopo varie uscite insieme durante la pausa pranzo, Fanny infine cede e ne diventa l’amante, essendo sempre più coinvolta anche sentimentalmente. Jean, sospettando la infedeltà della moglie, ne ottiene le prove da parte della agenzia investigativa a cui si è rivolto. Ma un giorno Alain scompare improvvisamente. Fanny inizialmente si dispera, ma ben presto si irrita, essendosi convinta che l’amante la abbia abbandonata proprio quando gli aveva comunicato di aver deciso di rifarsi una vita con lui, per il timore di essere coinvolto nella assunzione di stringenti responsabilità. E, mostrando la sua superficialità sentimentale e morale, ricuce il legame con Jean. Ma quando sua madre (Valerie Lemercier) inizia a nutrire forti dubbi sulle ragioni della sparizione di Alain e sui maneggi di Jean, la situazione precipita.
“Coup de chance” conferma la poetica di Woody rispetto alla fragilità e indeterminatezza delle cose della vita e il suo humour unico, nevroticamente ironico. E fornisce una nuova variante di temi a lui cari: il caso e la fortuna, che possono determinare svolte repentine o sorprendenti nell’itinerario esistenziale dei personaggi. Essendo pervaso dalla amara e sottile descrizione della ipocrisia dei personaggi, senza cascami didascalici, ricorda il magnifico “Match Point” (2005), uno dei capolavori di Allen. Ma rivela anche riferimenti a personaggi e atmosfere dei memorabili drammi thriller del maestro francese Claude Chabrol. A partire da una scrittura nuovamente ispirata, Allen sviluppa una raffinata messa in scena, valorizzata dalla preziosa fotografia, curata dal suo abituale collaboratore dal 2016, il grande Vittorio Storaro, e scandita dagli stacchi di una briosa colonna sonora di brani jazz.
© Riproduzione riservata




