L'€conomista
Cultura come leva economica tra cinema, artigianato e digitale. L’Italia rilancia la filiera creativa
Cinema, artigianato, digitale e fashion sono stati al centro di un confronto tra istituzioni, imprese e produttori, che ha messo in evidenza l’urgenza di riforme strutturali e politiche industriali mirate. Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura della Camera, ha aperto i lavori presentando le linee guida della nuova riforma del cinema e dell’audiovisivo. «Dal 2016 al 2024, gli investimenti nel comparto sono cresciuti di 696 milioni di euro: la legge non ha prodotto danni, ma ha rafforzato l’intero settore», ha affermato.
La riforma, già anticipata nei suoi contenuti al Festival di Venezia, punta alla semplificazione normativa, alla maggiore efficienza dell’erogazione dei fondi e alla riduzione del contenzioso con le categorie professionali. Tra le novità previste: il mantenimento del fondo per il cinema e l’audiovisivo, l’introduzione di una banca tesoriera, contributi diretti per le sale cinematografiche e la nascita della figura del tax credit manager, pensata per velocizzare i controlli e garantire maggiore trasparenza nei flussi. A ciò si aggiungono la revisione della definizione di produttore indipendente, un forum permanente sul cinema e una spinta ulteriore alla promozione internazionale delle opere italiane ed europee. Ha anche annunciato una legge delega al governo per rendere l’impianto normativo del cinema e dell’audiovisivo più efficace, flessibile e sincronico rispetto alle reali dinamiche del comparto».
Accanto alla prospettiva istituzionale, è emersa con forza anche quella imprenditoriale, in particolare nel legame tra cultura e artigianato di qualità. Alessandro Marinella, general manager della storica azienda sartoriale omonima, ha richiamato l’attenzione sul rischio che l’automazione tecnologica faccia perdere il valore del lavoro manuale. «Le mani restano centrali: custodiscono un sapere unico. Ma è la tecnologia che ci aiuta a raccontarlo. Usiamo la fibra d’arancia e il web per portare i nostri valori nel mondo», ha spiegato. Ogni prodotto, ha sottolineato, è anche un veicolo di identità: «Quando una nostra cravatta arriva a Tokyo, a New York o a Londra, non esportiamo solo un accessorio, ma un pezzo di Italia».
Proprio per valorizzare questo patrimonio immateriale, è stata avanzata la proposta di un tax credit esteso all’intera filiera culturale, con un’attenzione particolare all’export e alla promozione del made in Italy. Sul fronte dell’innovazione digitale, Maria Grazia Saccà, di Titanus Production, ha lanciato un appello a politiche pubbliche più mirate, capaci di trasformare la cultura in un asset competitivo anche nella dimensione globale. «L’Italia può essere protagonista, non solo grazie al patrimonio storico, ma anche attraverso il digitale. L’esempio è la Corea del Sud, che ha saputo costruire un’industria culturale globale partendo da audiovisivo, moda e cosmetica, con un forte sostegno pubblico».
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